proposizioni sul rapporto tra realismo e idealismo nell'ipotesi di episteme costruita
 
1.] una filosofia afferma che esiste solo ciò che appare all’uomo. è quello che nel linguaggio filosofico dovrebbe chiamarsi “orizzonte trascendentale del pensiero” e sua intrascendibilità. questo problema è quello sollevato dagli idealisti a riguardo della cosa in sé [noumeno] concepita da kant, posta da kant come limite assoluto alla conoscenza, limite che gli idealisti e hegel non possono accettare. infatti questo limite varrebbe anche per dio [dio che in alcuni idealisti è l’uomo stesso]. questa filosofia afferma quindi che esiste solo ciò che appare all’uomo. hegel dice che dio supera questo limite [della realtà esterna al pensiero], producendo la cosa col pensiero. se infatti la cosa è esterna al pensiero, come può il pensiero sapere della sua esistenza ? conoscerlo sarebbe per il pensiero [come dice severino] come se “un uomo saltasse al di fuori della propria ombra”. proprio così è, nell’episteme. in questo esempio:
 
a.] dio è l’ombra.
b.] cristo è l’uomo che esce dall’ombra [cioè dal padre], cogliendo la realtà esterna a dio.
 
2.] nell’episteme deve essere posta la cosa esterna al pensiero. così anche nel cristianesimo, tenuto conto, ad esempio, che se il pensiero potesse conoscere solo ciò che esso produce, le differenze tra le tre persone trinitarie divine sarebbero ad esse reciprocamente inconoscibili, per cui il padre, il figlio e lo spirito santo potrebbe essere conosciuti da loro stessi solo come reciproci [e quindi contraddittori] prodotti dei loro pensieri.
3.] nell’episteme, la cosa è esterna anche a dio stesso, e dio la conosce perché la cosa esterna si riproduce anche internamente a dio, che così la conosce. questa riproduzione, come l’esistenza della cosa e di dio, sono determinati contestualmente dal principio [esistenza], che determina dio. esso inoltre fa “dire” a dio di sapere della cosa esterna, a meno però di un contatto, dato all’interno di dio tra dio e la rappresentazione interna della cosa esterna, rappresentazione in cui la cosa esterna si riproduce.
4.] il realismo è quindi necessario al cristianesimo, e l’episteme pone il realismo anche come esistenza della cosa esterna per dio stesso, intesa non solo come creato, ma anche come cosmo eterno.
5.] il creato non è quindi pensiero di dio [come dio non è pensiero di se stesso]. se il creato fosse pensiero di dio, non sarebbe distinto da dio e autonomo da dio. porre un principio esterno a dio [come fa platone] significa salvaguardare l’autonomia della realtà da dio. dire che ogni essere partecipa dell’essere di dio significa dire che nessun essere è indipendente da dio.
6.] l’uomo può pensare che esiste solo ciò che appare all’uomo. in questo senso non avrebbero senso anche gli infiniti cosmi concepiti dalla cosmologia moderna.
7.] questa concezione era in parte anche quella epistemica, quando si sono introdotti i parallelismi tra realtà, pensiero, linguaggio e percezione. ora è necessario “rompere” questi parallelismi.
8.] lo si fa così:
 
a.] il principio trascende se stesso.
b.] il principio trascende dio.
c.] dio, che è auto-principio, trascende se stesso.
d.] dio trascende il creato.
e.] il creato trascende l’uomo [anche nel senso del suo apparire, di ciò che appare all’uomo].
 
per questo si può dire che esiste anche ciò che non appare all’uomo [e a dio].
9.] la percezione è necessariamente limitata, anche in dio. il linguaggio, invece, ha la proprietà di superare non solo la percezione, ma anche il pensiero. nel concetto [ovvero nella rappresentazione schematica della realtà] appare l’Intero. quell’Intero e principio che superano il corpo di dio e l’estensione di dio, non superano il linguaggio, che nel concetto e nello schema li include.
10.] ma all’interno di dio il linguaggio è cristo [che per questo è detto verbo, e quindi episteme, cioè un linguaggio che incorpora l’Intero nel concetto/concetto astratto]. cristo è l’intelletto del padre [in metafora si può dire che il figlio è il “cervello” del padre, un cervello “esterno” al corpo del padre], e come linguaggio copre [come epi-steme] l’Intero.
11.] ma questo non nel senso che cristo è esteso come tutto l’essere [che supera dio]. ma nel senso che l’essere si riproduce dentro dio nel suo linguaggio, che, come schema, riflette e riproduce l’essere. questo schema è cristo come verbo [episteme].
12.] gli schemi epistemici, rappresentando il noumeno che sta esterno a dio, mostrano che l’essere sta oltre il soggetto-dio [realismo]. dio può conoscere l’esterno perché l’esterno, riprodotto nell’inconscio di dio, “dice” a dio che esso esiste. e si fa apparire nel rapporto esterno oggetto-soggetto [illustrato schematicamente], così come io vedo un oggetto esterno a me [un tavolo], anche se esso appare nel [campo del] mio apparire. ma io posso teorizzare anche l’esistenza di ciò che non mi appare. ad esempio schematicamente. l’esterno si riproduce all’interno del soggetto, che vi si identifica. questa identificazione è il panteismo. dio è auto-principio, e, all’interno di dio, da dio si produce la realtà esterna, come realtà interna a dio [idealismo].
13.] lo schema epistemico non sarebbe solo un surrogato per l’uomo dell’apparire dell’Intero, ma sarebbe anche per dio il solo modo in cui il principio e il noumeno, esterni a dio, si rendono a dio conoscibili [perché essi lo trascendono].