elementi per una critica del neoparmenidismo
1.] tipicamente, il nichilismo entifica il nulla:

a.] severino espone la concezione nichilistica del divenire, ma quando la espone, interpreta il nulla in un certo modo: lo fa entificando il nulla.
b.] anche l'episteme entifica il nulla, ma lo fa consapevolmente:

b1.] lo fa, perchè il nulla è nulla, ma poichè è detto e pensato [come "nulla"], il nulla deve necessariamente essere qualcosa.
b.2] questo qualcosa potrebbe essere un "modo" dell'essere, poichè ciò che esiste è l'essere, e soltanto l'essere può esistere.
b3.] in quanto il nulla è detto e pensato, il nulla in un certo senso è essere, e quindi è un modo di darsi dell'essere, o una sua parte, una condizione/stato o una struttura interna all'essere.
b4.] secondo la concezione di severino dell'essere, tutto ciò che esiste è essere, ma egli aggiunge che proprio per questo non esiste "spazio" per il nulla. nell'ipotesi di episteme qui costruita, invece, il nulla, in quanto nulla, non ha bisogno di un suo "spazio" per esistere. esso tuttavia esiste, in quanto è detto e pensato, e quindi è un modo dell'essere. ma se esso è un modo dell'essere, allora l'essere deve essere interpretato come compatibile con il nulla e con il divenire:

b4.1.] dire, severinianamente, che il divenire è tale per cui l'ente esce dal nulla e rientra nel nulla, deve valere quindi come dire che ...
b4.2.] ... l'ente esce dall'essere e rientra nell'essere. l'ente è sempre essere, e quindi il divenire non viola i principii di identità e di non contraddizione.

2.] anche una possibile interpretazione del paradigma della creatio ex nihilo entifica il nulla. essa, dicendo che dio ha creato "dal" nulla, cioè da qualcosa, interpreta il nulla come qualcosa, cioè come un essere/ente. ciò è nichilistico, se per nulla si intende il nulla; se invece per nulla si intende un "modo" dell'essere, allora la creatio ex nihilo equivale a una creazione "dal" nulla coerente, cioè "da" qualcosa:

a.] il nulla, come modo dell'essere, non è il nulla, che è un essere, ma ...
b.] ... significa che il nulla è una relazione astratta interna all'essere, poi anche esistenzializzata [ad esempio nel vuoto contemplato dalla fisica e dalla cosmologia].

3.] severino entifica il nulla, ad esempio, quattro volte:
 
a.] affermando che dio, come pienezza di essere, riempie il nulla, viene entificato il nulla.
b.] affermando che la prescienza di dio, anticipando le creazione del/dal nulla [da parte del divenire], riempie il nulla, viene entificato il nulla.
c.] affermando che esiste una opposizione assoluta tra essere e nulla [qui si pone quindi la dottrina dell’essere di severino], viene entificato il nulla. infatti, l’essere può opporsi al nulla solo se il nulla è qualcosa, cioè un essere.
d.] sostenendo la sua interpretazione del divenire, per la quale il divenire diventa certamente qualcosa di impossibile, e cioè che esso è uscire dal nulla dell’ente ed entrare dell’ente nel nulla, severino fa del nulla un luogo e una dimensione, e così lo entifica.
 
4.] come si vede, quindi, qui è esposta una prima critica del neoparmenidismo [e del nichilismo teologico]: in tutti questi casi, il neoparmenidismo concepisce il nulla come un ente, cioè lo entifica. il nulla è per severino [contrariamente che nell’episteme] il “nemico” e “avversario” della sua concezione dell’essere: il nulla è tale solo se è qualcosa, cioè severino lo considera un essere.
5.] a questo punto, dall’argomentazione appare condizionato il concetto epistemico del nulla: se esso non esiste, il nulla non può che costituire uno stato, un lato [interfaccia], una parte, una dimensione dell’essere, in quanto il nulla è “detto”, quindi un certo nulla esiste [ma, in quanto esiste, non esiste come nulla, e quindi propriamente il nulla non esiste], ed esiste non come negatività [come vuole severino] ma, come parte dell’essere, è un qualcosa di assolutamente positivo [per il cristianesimo il male è un essere, non è il nulla: esso è il dolore, l’inferno, la dannazione, il demone. per il cristianesimo il nulla è un qualcosa di positivo, per cui anche da questo punto di vista la filosofia di severino è criticabile: egli sempre pensa che i suoi avversari siano d’accordo cn lui circa la negatività del nulla e la necessità di opporsi ad esso. per dio inoltre, in realtà, è positivo anche l'inferno e il demone: tutto il creato è "cosa buona"].
6.] a questo punto deve quindi essere cambiato il concetto di divenire: per dire che esso non esiste, severino lo definisce come un ente/processo effettivamente impossibile: nulla può provenire dal nulla. ma questo solo se il nulla è qualcosa, cioè un luogo, e un luogo diverso dall’essere, per cui divenire significa violare il principio di identità.  
7.] definire il nulla una dimensione dell’essere non deve significare però, nella prospettiva cristiana della creatio ex nihilo, identificare questa con il semi-creazionismo platonico. si dice infatti che il nulla, da cui dio ha creato, è nulla assoluto. è nichilistico però dire questo per sottolineare l’onnipotenza di dio, altrimenti severino ha ragione: l’onnipotenza sarebbe il processo con cui dio può rendere possibile ciò che è logicamente impossibile. all’episteme interessa definire scientificamente il nulla e il processo creativo, forma di divenire dell’ente [il creato] dal nulla assoluto.
8.] dire che il nulla è parte dell’essere non significa dire che dio ha creato plasmando un essere eterno e preesistente [semi-creazionismo platonico]: infatti, come si dice ora, l'essere si auto-esistenzializza, ma prima di ciò esso è anche, in parte, nulla.
9.] quella che segue è quindi la concezione epistemica dell’essere, tale da spiegare il divenire e la creazione divina dal nulla:
 
a.] a partire dalla differenza ontologica di heidegger, si distingue tra essere ed ente: il primo è il "mattone", il secondo è la "casa".
b.] l’episteme ha posto una differenza protologica [da proton = principio = essere = esistenza pura astratta]: differenza tra essere ed essere [prima dell’ente]: si parla qui di una struttura interna al "mattone".
c.] l’essere inteso come sostanza prima, eterna e necessaria, non è un “blocco monolitico”, ma è un costrutto e una struttura [anche in senso dinamico, ma strutturato], tale per cui l’essere può dirsi tale solo dopo che è costruito. prima, esso è eterno ma non può dirsi essere come base dell'ente successivo [eterno]. cioè, il principio primo, che è l’esistenza, è un costrutto ed ha una sua struttura ad esso interna. se la struttura è l’essere, ogni sua parte non può dirsi essere: si dice della sua parte che è quell'essere = nulla, di cui ha parlato heidegger, e di cui severino ha detto [erroneamente, in relazione a gennaro sasso] che “un essere separato dalle determinazioni concrete [che nell’episteme sono l’ente] è come il nulla, cioè non può esistere”. qui si va oltre, e si dice che l’essere è separato addirittura da se stesso [differenza protologica]. all’interno dell’essere, si distinguono:
 
c1.] essere interno all’essere esterno [l'essere esterno è l'essere costrutto e struttutato: il "mattone" dell'ente eterno o Intero].
c2.] nulla.
c3.] divenire [il sistere dell’ex-sistere, dell’ex-sistentia].
 
d.] il primo essere [interno] è cioè che heidegger ha detto “nulla”, e nell’episteme è detto “astratto”: non se ne dà una rappresentazione, e non è sostanza, è pura e semplice “necessità ad esistere di se stessa”. questo essere è eterno, come l'essere esterno strutturato, ma si osserva che dio, per creare, ha agito sull'essere interno, nella fase del suo venire all'esistenza da se stesso, quindi dal nulla.
e.] il nulla è quello della creatio ex nihilo, ed è l'interfaccia dell’essere interno.
f.] il divenire è qui il processo definibile come auto-esistenzializzazione dell’essere [essere esterno o costrutto: il "mattone" dell’ente], auto-esistenzializzazione che è il sistere dell’ex-sistere [esistenza] dell'essere, dall’essere [interno].
g.] infine: è posta l’identità tra essere esterno ed essere interno, che è sia parte del costrutto, sia il costrutto stesso. il nulla è l’interfaccia separatrice tra questi due tipi di essere [detti nell’episteme “esistenza”].
i.] l’ente è l’Intero necessario, tra cui è posto dio.
l.] l’ente creato è tratto dal nulla, come trasformazione dell’essere interno in nuovo essere esterno [il creato], in modo tale per cui:
 
l1.] poiché ad essere trasformato non è l’essere esterno [che sarebbe quasi come la "materia plasmata" secondo platone] …
l2.] … questa trasformazione da parte di dio dell’essere interno in creazione [nuovo essere esterno, ed ente creato] non è una forma di semi-creazionismo, infatti …
l3.] … solo l’essere esterno è essere ["mattone" e princioio] in termini "completi".
 
10.] in riferimento ai punti 1.] e 2.], ci si può chiedere se anche l’episteme entifichi in nulla:

a.] da un lato, si è criticato il neoparmenidismo perchè concepisce il nulla come qualcosa [per poter opporre ad esso l'essere e così negare il nulla, di cui il divenire necessita per sussistere].
b.] dall'altro, anche l'episteme ha entificato il nulla, definendolo come parte dell'essere [parte interna al principio, che è l'esistenza].

ciò non avviene se per essere si intende l’essere esterno, che è il principio dell’ente, ma non è parte interna alla struttura del principio, definita "essere interno". il nulla, come parte dell'essere, viene prima dell'essere, proprio in quanto e nella misura in cui l'essere esterno è l'essere interno stesso, che, auto-esistenzializzandosi nell'essere esterno, pone il nulla prima di sè.  
11.] nell’episteme, l’opposizione severiniana tra essere e nulla [che non può sussistere perché il nulla è nulla, e niente può opporsi al nulla] diventa opposizione tra essere interno ed essere interno] [o tra essere esterno ed essere esterno, o tra essere interno ed essere esterno, o ancora tra tutti questi termini contemporaneamente]. l'opposizione nasce dal fatto che l'essere è uno, ma è anche doppio [perchè l'esistenza è una, ma essa si auto-esistenzializza, e quindi è una e doppia contemporaneamente: come tale, essa differisce da sè, è identica a sè, e quindi è opposta a sè]. solo qui può porsi una vera opposizione, tra essere ed essere medesimo, perchè l'essere esiste [mentre il nulla non esiste], e si pone una differenza interna all’identico, che richiede lo sdoppiamento dei termini dell’identità e della differenza, perché nei termini doppi si "scarichi" l’opposizione, consentendo la costante identità tra i termini originari: questo sdoppiamento sta all’origine del molteplice e del tutto, eterno e necessario, cioè dell’ipostatizzazione dell’essere nell’Intero e in dio, sua parte.
12.] l’opposizione tra essere ed essere, e la contestuale condizione di identità e di differenza tra essere ed essere, comporta l’esistenzializzazione di un ente particolare, che sia uguale e differente nel contempo, al proprio interno: questo ente è una differenza dinamica, perchè deve essere cambiamento continuo [per essere coerente, come simultaneità di identico e diverso], e questo ente è il divenire, origine della vita, dello spirito, delle sensazioni [che sono l'identità di una differenza].   
13.] ritornando al punto d.] del punto 3.], si osserva che severino entifica il nulla quando afferma che anche il passato e il futuro sono eterni [tutto è eterno e nulla, che non esiste, può venire all’esistenza]: così, egli li identifica al presente, cioè identifica ciò che viene definito nulla [il passato e il futuro dell’essere] all’essere [presente]. nell’episteme invece, il passato e il futuro non sono un nulla che contiene un ente in potenza [un nulla simile ad un essere], ma sono potenza dell’essere [presente/il nulla è un modo dell'essere, cioè parte interna all'essere], come condizione dell’essere [prevedibile] di divenire altro da sé [rimanendo l’origine identica a se stessa], per la coerentizzazione dell’auto-esistenzializzazione dell’essere [coerenza richiesta dal fatto che l'essere è insieme identico e diverso a/da se stesso]. il nuovo essere è un eterno, per la parte originaria identica a sé, che vive una condizione nuova, perché in tutto l’ente/essere [in ogni parte dell'Intero] è sempre presente l’essere che è stato definito parte interna al principio, cioè il sostrato più interno e profondo dell’esistenza, il quale è presente in ogni ente, e lo vivifiva con il processo della sua auto-esistenzializzazione [perenne e perennemente nuova, sempre scaturente da se stessa, e quindi dal nulla e/o dall’essere, indifferentemente].