rapporto tra neoparmenidismo, teologia tradizionale e metafisica epistemica
1.] la ragione, per cui severino afferma che dio non può esistere, è la stessa che caratterizza l’ontologia severiniana:
 
a.] l’essere è pienezza, non esiste “spazio” per il nulla, essendo il tutto occupato solo dall’essere. il divenire, per esistere, necessita del nulla. quindi l’essere, escludendo il nulla, esclude il divenire.
b.] dio è detto essere, e quindi, come l’essere, nega il nulla e perciò il divenire, con la sua pienezza di essere.
c.] per la stessa ragione, anche l’essere di severino nega il divenire.
d.] ma l’essere di severino nega anche dio, perché il dio della tradizione è il dio che crea, quindi che presuppone l’esistenza del nulla e del divenire: per i punti a.] e b.], questo dio della tradizione è quindi un concetto contraddittorio.
 
2.] l’episteme ha posto la differenza tra dio e essere.
3.] essa ha posto nell’essere il nulla [che, detto e pensato, è un modo dell’essere] e il divenire, inteso come auto-esistenzializzazione dell’essere, la cui esistenza non è “scontata/presupposta”, ma “viene” all’esistenza [cioè è causata] da se stessa, come un divenire eterno dell’eterno dall’eterno.
4.] senza la distinzione epistemica tra dio e essere [detto principio, che pone l’esistenza di dio], non può essere criticato il neoparmenidismo. infatti, identificare dio e l’essere significa concepire dio, insieme, come nulla, divenire, essere, creato [che, partecipando dell’essere di dio, non può esservi distinto, per poter sussistere anche indipendentemente da dio/se invece l’essere è distinto da dio, il creato può sussistere con esistenza autonoma da dio, e per questo l’uomo può essere autenticamente libero], semplicità, complessità, ecc., … cioè in molti modi tra loro contraddittori.
5.] la teologia tradizionale non poteva porre questa distinzione tra dio e essere, essendo preoccupata di distinguere dio dal creato: essa può dire che il creato deriva da dio, solo dicendo che dio deriva, invece, da se stesso.
6.] per essa, solo dio è eterno.
7.] infatti, se esiste un altro eterno, allora l’esistenza di dio e di questo eterno devono essere spiegate e giustificate:
 
a.] se solo dio è eterno, dio deriva da se stesso.
b.] ma se esiste anche un altro eterno [ad esempio: il paradiso e il cosmo eterno di aristotele], allora dio non lo ha creato, e quindi esiste un terzo eterno, che spiega e causa l’esistenza di dio e di questo eterno.
c.] per la teologia tradizionale è problematico che dio sia un ente determinato.
 
8.] ma l’episteme dice che il creato [all’interno di cui sta l’uomo] deriva da dio: per questo l’uomo deve la propria salvezza a dio e non al principio di dio. il principio, che ha determinato dio, è concetto che serve solo per spiegare l’intima e profonda natura di dio. esso non serve per “scavalcare” dio con l’idolatria umana del principio [che è pura esistenza astratta], come ha fatto platone con l’uno e la diade, nei confronti del demiurgo.
9.] in questo senso, l’aver posto un principio eterno esterno a dio, che determina [eternamente] l’esistenza di dio [eterna], è una questione “tutta interna” a dio, la quale riguarda l’uomo per due aspetti:
 
a.] l’indipendenza del creato da dio [che dio trae dal principio].
b.] una, ad essa contestuale, causa del male [come si vede nelle letture dell’evoluzionismo], per la quale questa indipendenza/autonomia viene vissuta dall’uomo anche come “opposizione” a dio, cioè come una autonomia, che vorrebbe essere anche autonomia, ad esempio, nella determinazione dei valori morali.

10.] invece, nell’episteme, proprio l’aver tratto l’uomo da un principio esterno a dio, consente di dimostrare che i valori dell’uomo devono essere i valori di dio:
 
a.] se l’uomo è una invenzione di dio, allora anche i valori sono invenzioni, e come dio li ha inventati, così l’uomo può pensare di re-inventarli, anche contestando la chiesa.
per il nichilismo teologico, secondo cui l’uomo è una “invenzione di dio”, questi valori sono anch’essi una “libera invenzione” di dio, e come tale l’uomo può pensarli anche mutevoli rispetto al tempo storico.
b.] ma se l’uomo deriva dallo stesso principio [che è la necessità], da cui deriva dio, i valori dell’uomo devono essere necessariamente identici ai valori di dio, perché il terzo termine tra dio e l’uomo, che è la necessità, come ha posto la natura umana simile a dio, così ha posto questi valori, ad essa corrispondenti, secondo necessità, ed essi non possono mutare rispetto al tempo storico.