considerazioni sul concetto di "regalità" di cristo
 
1.] si fa riferimento in questo paragrafo al passo biblico gv 18, 36 [“il mio regno non è dio questo mondo”], così come viene considerato dalla teologia tradizionale: il fondamento della distinzione tra potere spirituale e potere temporale e del fatto che cristo sarebbe “re” in un modo diverso dai re della terra:
 
a.] mentre il potere dei re della terra è esteriore, forma di potenza, e di potere politico sullo stato, sull’economia, sulla società,
b.] il potere di cristo è interiore, sulla chiesa, sui cuori, ed è forma di amore, spirito, bontà, libertà giustizia, non esercitandosi sulla terra. ciò significherebbe l’espressione “il mio regno non è di questo mondo”.
 
2.] l’interpretazione epistemica di questo passo biblico [gv 18, 36] è differente.
3.] il passo biblico gv 18, 36 [“il mio regno non è di questo mondo”] può essere considerato insieme ai seguenti passi biblici:
 
a.] mt 22, 21: “… rendete dunque a cesare quello che è di cesare e a dio quello che è di dio”. in queste parole si intravede il comando dato da gesù alla chiesa [ai sacerdoti] di riconscere lo stato.    
b.] gv 19, 11: “… tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto”. in queste parole di gesù si riconosce che l’autorià di pilato non discende solo da cesare [“dall’alto”], ma anche [direttamente, come vuole dante] da dio [“dall’alto”].     
c.] at 1, 6: “… gli domandarono: “signore, è questo il tempo in cui ricostituirai il regno di israele ?”. ma egli rispose: “non spetta a voi conoscere i tempi” …”. qui si riconosce che il regno di dio in terra presenta anche gli aspetti tradizionali della concezione anticotestamentaria del regno di israele, che non è quindi solo la chiesa [chiesa che oggi non si riconoscere in israele], ma anche regno di tipo politico e militare.
 
4.] l’esegesi epistemica unisce questi passi biblici anche al passo biblico gv 14, 30: “… viene il principe del mondo …”, cioè il demone. interpretare il passo biblico gv 18, 36 come fa la teologia tradizionale significa non solo distinguere il potere della chiesa dal potere dello stato, ma anche condannare il potere dello stato, che si esercita, a differenza del potere della chiesa, “su questo mondo”, ad essere il potere del demone, perché si esercita su un mondo, di cui il demone è principe, e non è il mondo su cui gesù esercita il suo potere [gv 18, 36].  
 
intermezzo
 
5.] si consideri [anche se questo punto appare problematico, perché contraddice esplicitamente le parole di gesù] che …
 
a.] … non può esistere un regno su cui gesù non esercita il suo potere [che è potere sul cielo, sulla terra e sugli inferi],
b.] … mentre il demone in realtà non avrebbe alcun reale potere [non ha potere neppure sugli inferi], perché dio lo riduce all’impotenza.
 
questo punto non viene qui approfondito, perché non si sa come analizzarlo.
 
prosegue
 
6.] nella concezione epistemica del potere di cristo, chiesa e stato corrispondono alle due nature di cristo: …
 
a.] … la chiesa alla natura divina.
b.] … lo stato alla natura umana.
 
il potere di cristo è quindi un potere totale, anche sullo stato.
7.] poiché cristo dice che “il mio regno non è di questo mondo” [gv 18, 36], ciò non significherebbe che il potere di cristo non appartiene allo stato, ma significa che anche lo stato deve essere potere come il potere della chiesa: amore, potere interiore, esercitato sui cuori, di libertà e di giustizia. occorre, quindi, che gli stati del mondo “spostino” la loro sovranità, dal territorio ai cuori, non nel senso della tecnocrazia, che vuole esercitare controllo mentale [controllo tecnico – interiore - sulle menti], ma nel senso della “civiltà dell’amore”, che copre esorcisticamente la civiltà della tecnica, neutralizzandone l’elemento di violenza.
8.] cristo esercita quindi il potere temporale esteriore sul territorio del paradiso.
9.] ne consegue che il potere di cristo ha anche le stesse caratteristiche del potere dei re della terra. esso è:
 
a.] esteriore.
b.] potenza.
c.] potere sulla tecnica e potenza della tecnica.
d.] potere della fonte [energia].
e.] potere di tipo politico, economico, finanziario, tecnologico e sociale.
 
10.] ciò è importante perché costituisce il fondamento epistemico del potere dei re della terra.  questo non si è costituito per “fantasia”, o per “dono” di dio, o per “genio dell’uomo”, ma perché è immagine del potere di dio [potere della tecnica], come l’uomo è a immagine di dio. il “re” della terra è immagine di cristo “re” del cielo.
11.] inoltre gesù dice di essere “re”:
 
a.] non esiste il concetto di re come di papa [concetto che si aggiunge teoreticamente, in quanto cristo è anche e principalmente sacerdote].
b.] il concetto di re esiste solo come concetto, vero e reale, di “re”.
c.] quindi “cristo re” significa che cristo è re secondo la concezione tradizionale [sociologica] del “re”. cristo è anche cesare, non solo pietro.
 
12.] è quindi un errore interpretare l’espressione “il mio regno non è di questo mondo”, con il concetto di una regalità “diversa” dal concetto tradizionale di regalità. l’espressione significa invece che il territorio dello stato di cristo non è la terra [diversità non nella forma del potere, ma sul territorio su cui si esercita la sovranità].
13.] tra le diverse ragioni che giustificano la concezione tradizionale di questa erronea interpretazione [un regno di cristo solo interiore] si possono elencare le seguenti:
 
a.] la volontà di non porre il potere di cristo in competizione con il potere dei re della terra. ciò è un errore, perché il potere temporale di cristo sarebbe non in competizione di questo potere terreno, ma paradigma per il suo esercizio corretto [orientato alla giusitzia e alla pace].  
b.] l’idea errata secondo cui un potere temporale di cristo, cristo essendo “papa”, sarebbe potere temporale del papa e del clero [teocrazia]. ciò è un errore, perché il potere temporale di cristo “re” sarebbe esercitato dai politici [che sono laici], non dal clero.  
c.] la conseguente volontà della chiesa di appropriarsi o di controllare ogni potere di cristo, quindi la corrispondente volontà della chiesa di escludere un potere di cristo esercitato dai laici, al di fuori cioè del controllo del clero [come denuncia dante].
d.] l’idea secondo cui il potere dello stato è un potere necessariamente “difficile” e sempre un poco “peccaminoso” [perché ad esempio la democrazia rende lecito l’aborto come legge dello stato], e quindi la necessità di impedire che questo potere possa essere considerato come emanazione del potere di dio [che, ad esempio, in nessun modo può legittimare l’aborto].
 
14.] la conseguenza di queste posizioni è quella denunciata da dante:
 
a.] si fa del potere dello stato una pura emanazione dell’uomo e del potere “del mondo”.
b.] ne consegue che lo stato è abbandonato al potere del demone, viene considerato come in competizione con la chiesa, e quindi il credente deve diffidare dello stato e chiedere uno stato “minimo”, considerando lo stato come un “male inevitabile”, da ridurre a vantaggio della società civile.
c.] la chiesa considera lo stato come un ente estraneo alla religione e alla fede, come un processo tutto storico destinato ad essere superato dalla storia della salvezza.
 
15.] anche nella concezione epistemica dello stato, lo stato tramonta storicamente, ma lo stato è considerato come una ipostasi del potere di cristo, per cui non può darsi autentica conoscenza di cristo senza lo stato, come senza la ragione.
16.] quando la chiesa afferma che “la fede non è una filosofia”, condanna la ragione [la filosofia] all’insignificanza per la salvezza [non è infatti sufficiente riconoscere l’“importanza” della ragione per la fede, essendo cristo il logos, cioè la ragione/questa ragione, che è il logos, non è forma simbolica di amore, ma è la ragione speculativa], e così essa fa con lo stato, che corrisponde alla ragione. cristo è invece, oltre che fede e chiesa, anche:
 
a.] ragione.
b.] stato.
 
17.] lo stato è fondato sulla ragione.