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ARISTOTELE

Aristotele nasce a Stagira nel 384-383 a.C. e muore a Calcide nell’Eubea (nella Grecia nord-orientale) nel 322-321 a.C..
Egli, discepolo di Platone, nel medioevo viene considerato come il “Filosofo” per antonomasia.
Aristotele sostiene che, se le Idee sono separate dalla realtà sensibile, allora esse ne costituiscono un inutile duplicato, che non serve per spiegare il mondo naturale. Egli tuttavia riconosce almeno un’Idea, quella di Dio. Dio per Aristotele non è il dinamico Demiurgo di Platone, ma è l’Entità perfetta, centro dell’intera realtà e immobile per definizione, che, separata dal mondo, lo muove come suo Scopo finale. Tutti i fenomeni naturali sono spiegati finalisticamente, come tendenti a Dio.
L’ente generico è costituito di forma e materia. Alla forma corrisponde l’atto, alla materia la potenza. La potenza muove verso l’atto, sì che tutto l’universo è in incessante movimento verso Dio. Questo è infatti l’atto puro, senza potenza: l’universo intero, evolvendo secondo la materia e la potenza verso forme e atti sempre più superiori, tende a Dio, l’Ente perfetto che pensa se stesso. La felicità dell’uomo si trova quindi nella vita speculativa, che imita l’autopensiero di Dio.
Aristotele unifica quindi il Demiurgo platonico alla dottrina delle Idee di Platone nel concetto di Dio, preparando la speculazione della filosofia cristiana. Ma Aristotele anticipa anche Kant ed Hegel: nella sua “logica” egli studia le possibiltà del conoscere metafisico; l’istituzione dello stato è l’atto rispetto al quale l’individuo è potenza, ed è quindi il fine verso cui tende il suo sviluppo.
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