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Politica senza ideologia ? 

In quasi tutti i paesi democratici del mondo, i partiti politici sono oggi divisi in destra e sinistra. Questa è una semplificazione estrema, ma aiuta a capire il mondo politico. In particolare, con riferimento al nostro Paese, la destra e la sinistra sono così caratterizzate: 

- la destra è attenta ai valori tradizionali della religione, della famiglia e della patria, ma è meno attenta alle questioni sociali, causate dal libero mercato e dalla povertà;
- la sinistra è attenta ai valori della solidarietà economica, ma è progressita nei valori individuali, superando l’etica della tradizione e della religione.

La destra si rifà all’ideologia del liberismo e del capitalismo, mentre la sinistra si ispira a quella del socialismo e del comunismo.
Il liberalismo può essere un’ideologia ambigua. Esso significa difesa delle libertà dell’uomo: libertà di pensiero, di parola, di religione; ma anche libertà nell’economia, per cui il mercato può produrre ciò di cui l’uomo ha bisogno, come può non produrlo, se non ha convenienza. Lo stato, allora, si sostituisce al mercato, producendo i servizi pubblici, anche se l’attività economica è in perdita, in quanto indispensabili alla società (come l’istruzione, la sanità, la difesa del territorio e la sicurezza interna). Il liberalismo, come liberismo, apre la strada alla globalizzazione, che crea e distrugge ricchezza, dà benessere alla Cina, ma mette in pericolo il lavoro in Occidente (perché le imprese lo abbandonano, trasferendosi dove il lavoro costa poco, sfruttando così i lavoratori dei Paesi poveri, e creando disoccupazione nei Paesi ricchi), e allontana sempre più i ricchi dai   poveri.
Si dice che oggi la politica è in crisi. Si parla infatti di “crisi della politica”. In cosa consiste questa crisi e qual è la sua causa ? La politica può fondarsi sull’ideologia oppure sul puro pragmatismo. Ma la politica, intesa come arte del mediare tra interessi contrapposti, non può accontentare tutte le parti sociali, perché le risorse sono scarse. Essa deve scontentare alcuni, e quindi deve giustificare le proprie scelte. Non potendolo fare con il pragmatismo, deve rifarsi all’idea di giustizia: “è giusto (ad esempio) il divieto di fumare nei luoghi pubblici, perché, come fumo passivo, nuoce alla salute”. In questo caso, la salute è assunta come valore, ed è ritenuto “giusto” difenderla. Difficilmente la politica potrebbe giustificare il divieto posto ai fumatori, affermando di voler fare il mero “interesse” dei non fumatori: essa deve richiamarsi alla “giustizia”, la quale, essendo una virtù, rende lecito il sacrificio del dovere.
Tutte le forze politiche si rifanno all’idea della giustizia: 

- “è giusto competere, perché sta nella natura umana, selezionata dall’evoluzione”;
- “non è giusto competere, perché lo spirito umano supera l’animalità intrinseca alla natura e all’evoluzione”;
- “è giusto aiutare i più bisognosi”;
- “è giusto premiare con la ricchezza i più meritevoli”;
- “l’aborto è ingiusto” (secondo alcuni), oppure “l’aborto è giusto” (secondo altri).

Tutti i politici si rifanno all’idea di giustizia, ma si dividono nel definirla. La sua definizione è filosofica, ma le filosofie si dividono. Nel nostro tempo si parla quindi anche di “crisi della filosofia”. I filosofi sono sfiduciati dal fatto che la filosofia e la metafisica, apparentemente prive di un metodo “scientifico” (di un metodo che sia, cioè, almeno comune a tutti gli uomini ed evidente, in modo razionale, per sé stesso, nei suoi procedimenti e risultati), in tutta la storia del pensiero hanno pensato molto, ma in modi e con risultati differenti: come la filosofia può fondare le diverse ideologie politiche ? come essa può pretendere di guidare la politica, se non giunge alla verità ? E se questa è unica, che senso hanno le differenze ideologiche e le conseguenti divisioni politiche ?  

- “l’ideologia di sinistra non può essere vera – dice la destra -, con il suo rifiuto in blocco della tradizione”;
- “l’ideologia di destra non può essere vera – dice la sinistra -, con la sua disattenzione al tema della povertà, che non può esaurirsi nella semplice carità, ma richiede di essere contemplato all’interno dell’idea di giustizia”.

La politica è dunque in crisi, perché è in crisi la filosofia. L’ideologia, che è la filosofia nel suo momento pratico-politico, decade così ad “interesse ideologico” di parte. La destra e la sinistra non sono più i due volti simmetrici della verità, ma divengono i meri contenitori del consenso   elettorale.
E il centro ? Esso si caratterizza soprattutto come il punto di vista del cattolicesimo: attenzione sia ai valori tradizionali (prerogativa di destra), sia al tema della povertà (prerogativa di sinistra). Eppure, questa “terza via” della politica (da più parti invocata, con accentuazione “laicista”) non suscita consensi. Questo perché chi ha la ricchezza tende a dividersi egoisticamente da chi non la possiede, e perché chi non possiede la ricchezza tende a invidiare il ricco, e quindi a dividersi da esso.          
Si assiste così sempre più a un mondo in cui la politica si rifà alla sua ideologia originaria come a un residuo storico, necessario per coalizzare gli elettori intorno ad un’“identità comune”, mentre la vera identità è sempre più l’“interesse di parte”, per cui, se l’ideologia è la verità della politica, la politica senza filosofia e senza ideologia appare sempre più come una “politica senza ideologia”, cioè senza verità, e poiché i cittadini, che sono lavoratori onesti, lo percepiscono, per essi la politica è quindi in forte crisi di identità, e questo, come si è visto, a causa della “debolezza” della filosofia.
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