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Severino 

Emanuele Severino nasce a Brescia nel 1929. I suoi scritti principali sono “La struttura originaria” e “Essenza del nichilismo”.
Secondo questo filosofo, la storia del pensiero e dell’intero Occidente è la storia del “nichilismo”, cioè del fraintendimento del significato autentico dell’essere.
Parmenide diceva che l’“essere è e non può non essere”. Severino trae da questa espressione tutte le sue conseguenze radicali, che il pensiero occidentale ha frainteso e negato. Parmenide stesso non le ha tratte, essendo stato per Severino il primo filosofo nichilista della storia. Egli, pur avendo annunciato il principio fondamentale dell’ontologia, secondo cui l’“essere è e non può non essere”, ha negato le implicazioni di tale principio, affermando che il mondo delle cose e dei fenomeni “non esiste”, in quanto essi sono soggetti al divenire, che li fa entrare nel nulla e uscire dal nulla. Ma, dice Severino, poichè ogni ente, che esiste, deve sempre (e da sempre) esistere proprio in quanto l’“essere è e non può non essere”, la conseguenza è che “tutto è eterno e necessario” (così dice Severino): anche il più insignificante degli enti, come un granello di polvere, ha una dignità assoluta, esistendo in eterno.
Secondo Severino, il Dio cristiano e la libertà umana non possono esistere, implicando la nullità dell’essere. Infatti, secondo la concezione cristiana della creazione dal nulla, Dio fa uscire dal nulla il mondo, per cui il mondo, prima di essere creato, “non è”. Questo significa che il Dio “creatore” dei cristiani appartiene al nichilismo, che identifica l’essere (del mondo creato) con il nulla. Inoltre, anche la libertà dell’azione etica umana presuppone la nientità dell’essere, perché la libertà dell’uomo, credendo che la volontà umana (e divina) sia libera di decidere se compiere o non compiere un’ azione, annulla così la necessità del suo compimento, e quindi la sua eternità. La concezione filosofica di Severino toglie dunque validità e senso sia al cristianesimo che all’etica tradizionale, fondata sulla libertà dell’ uomo.
Il nichilismo nega il principio di non contraddizione, per il quale una cosa non può essere e, contemporaneamente, non essere la stessa cosa. La seconda proposizione fondamentale della filosofia di Severino (la prima è che “tutto è eterno”, perché, dice Parmenide, l’“essere è e non può non essere”) è che, secondo il nichilismo, “le cose escono dal nulla e rientrano nel nulla”, cioè “divengono” (sono soggette al divenire). Ma ciò equivale ad affermare che l’essere era e sarà il nulla, e quindi appunto a violare il principio di non contraddizione.
All’origine del nichilismo Severino pone la “potenza” (così in “La follia dell’angelo”). Solo affermando il divenire di tutte le cose l’uomo può presumere di poter disporre dell’ente a suo piacimento, e quindi manipolarlo, desiderando uscire dal limite della propria finitudine. La radice del nichilismo contiene così l’essenza della tecnica, intesa come il massimo “strumento” della volontà di potenza, che essa, potenziando all’infinito, trasforma in “scopo finale” di tutte le ideologie. Queste ultime, insieme agli “dei” e al Dio cristiano, sono forme degli “immutabili”, cioè “strumenti” (posti dal timore degli uomini come “scopi”) per il controllo della natura e del divenire. L’affermazione di quest’ultimo è, infatti, sì necessario alla liberazione della volontà di potenza, ma è anche pericoloso (l’uomo forte, ad esempio, minaccia l’uomo debole), per cui l’uomo, fin dalle origini, insieme al divenire ha evocato gli “dei”, per controllarlo e, con esso, per controllare la volontà di potenza degli uomini, con l’etica tradizionale e la religione.
Il destino inevitabile di una storia del genere umano, che ha imboccato la via della potenza, è la civiltà della Tecnica, nella quale la Tecnica si sostituisce a Dio come mezzo per controllare e produrre il divenire, e, sostituendosi a Dio, diventa lo scopo finale dell’uomo. Ma l’uomo, sempre credendo nell’esistenza del divenire, ha sempre più timore di perdere, a causa del divenire stesso (evocato per la liberazione della propria potenza), il paradiso della Tecnica, in cui egli spera di realizzare tutti i suoi desideri, sia materiali che spirituali. Per questo timore, il destino del “sentiero della notte” (la storia del nichilismo e dei suoi immutabili, fino alla Tecnica) è quello di tramutarsi nel “sentiero del giorno”, già anticipato dalla filosofia di Severino, che compie il “ritorno a Parmenide”, cioè al senso autentico dell’essere (che fu smarrito proprio da Parmenide). L’uomo accetterà quindi che “tutto è eterno”, essendo l’“intero” (l’apparire infinito del tutto) destinato forse un giorno ad apparire (quasi in un “al di là senza Dio”), nella forma di una Gioia e di una Gloria garantite a tutti gli uomini in eterno.
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