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La vera filosofia è la ricerca del vero

Ha scritto il filosofo Vigna, docente di filosofia morale presso l’Università Cà Foscari di Venezia, che oggi la proposta della possibilità della verità assoluta può essere accolta come espressione di intolleranza: credere di poter possedere la verità significherebbe chiudersi al dialogo. Il dialogo presupporrebbe che i due dialoganti accettassero fin dall’inizio che le loro posizioni fossero, non vere, ma relative, anzi necessariamente relative, se tolleranti. Oggi a scuola uno studente può rifiutare l’insegnamento della religione. Un domani, lo stesso insegnamento della filosofia potrebbe essere rifiutato nei licei, in quanto l’amore per la verità potrebbe essere considerato come espressione di intolleranza, perché il concetto stesso di verità (assoluta) appare come una pretesa soggettiva e un’imposizione al prossimo del proprio punto di vista.
Si è visto come Plotino concepisca l’emanazione di tutta la realtà dall’Uno. Cosa significa ciò ? Perché è rilevante ? A cosa può servire questo ragionamento ? Quali le sue immediate implicazioni pratiche ? Come può l’Uno di Plotino servirmi nella vita, a me, giovane, che ho problemi pratici urgenti e anche gravosi ? Sarebbe fin troppo facile rispondere a queste domande assumendo la prospettiva cristiana: dalla conoscenza di Dio si ricava che tutto è relativo (“i miei piccoli problemi …”) di fronte al mistero, il quale esige la sua conoscenza come imperativo etico, per cui la conoscenza del Creatore è anticipazione del ritorno ad Esso, è da Lui richiesta e, riconoscendolo, dà a Lui piacere, per cui con la contemplazione dell’Uno l’uomo assolve ad un dovere fine a sé stesso (da completarsi con l’impegno etico), che lo ripagherà nel futuro ultraterreno. E per chi è ateo ? Ma può un ateo fare filosofia ? Non costituisce forse la “sapienza” un concetto intrinsecamente “divino” ? Il filosofo ateo (ce ne sono tanti al giorno d’oggi, leader di opinione) intende la filosofia come appagamento del proprio bisogno di confermare le sue certezze, il suo ateismo che lo rassicura, che dopo la morte non ci sarà alcun giudizio, per cui si può vivere senza dover rendere conto del proprio comportamento. Queste considerazioni valgono piuttosto per lo scetticismo e l’agnosticismo, posizioni queste davvero, forse, antifilosofiche. L’ateismo è, invece, una posizione del pensiero “matura”. E’ forse la condizione tipica del filosofo (e di alcuni “cristiani”), che non possono assumere la fede in Dio secondo la ragione (Dio non appare), e sono quindi razionalmente atei. Essi credono per porre un fine alla ricerca: cercare Dio. Dio è la meta finale, da dimostrare, per un pensiero che si dice ateo all’inizio, per giungere a Dio al termine della riflessione speculativa dimostrativa. L’ateismo è propriamente filosofico: crederò in Dio solo dopo averlo dimostrato. Ma per dimostrarlo, Dio deve essere posto come meta del pensiero, e a questo serve la fede, primo atto speculativo, prima accettazione del contenuto dogmatico, posto dal popolo nella storia, perché percepito come espressione del bisogno inconscio, e dunque vero, perché posto dalla natura umana. Questa necessita di consolazione, di protezione dalla morte, ma innanzitutto da Dio stesso.
La filosofia è amore per la sapienza, la quale è pensiero propriamente metafisico.
Un grave errore che può fare il giovane quando si accosta ai volumi di una storia della filosofia è quello di percepire la filosofia antica come lontana, e quindi superata dal tempo, e inutile: “se oggi nessuno si dice platonico, allora Platone ha pensato favole, perché la verità non si lascia scavalcare dal tempo”. Lo stesso ragionamento riguarda la filosofia medievale e moderna. Il messaggio della Chiesa, ad esempio, non ha molta forza di convinzione, perché il magistero ecclesiale definisce S. Tommaso d’Aquino come “attuale” e massimo tra i filosofi cristiani, mentre egli non può dire molto ai giovani e agli uomini di oggi, non avendo potuto interrogarsi sui problemi contemporanei, come l’aborto, l’eutanasia, la fecondazione assistita, la globalizzazione e la Tecnica, di cui tratta Severino.
Invece, la filosofia antica, medievale e moderna è realmente attuale, essa è realmente sempre “vera”. I filosofi hanno studiato ciascuno una porzione dell’essere. I filosofi contemporanei hanno studiato il Cosmo, che è vicino, ma hanno trascurato Dio, che è lontano: ciò non significa che Dio non esista, e la teologia medievale è quindi attuale, per chi sente vicino il problema di Dio. Il fatto che i filosofi contemporanei si siano interessati del Cosmo non significa quindi che l’Uno e la Diade di Platone non esistano, o che un giorno l’uomo non debba ricongiungersi con l’Essere perfetto di Aristotele. Tutti i filosofi sono attuali. L’Iperuranio platonico potrebbe realmente esistere. Gli stessi scienziati (come ho notato nell’introduzione) affermano che la memoria del cervello umano è suddivisa in zone, ciascuna preposta al pensiero di un concetto. Se, dunque, la mente umana è immagine della mente di Dio, le Idee iperuraniche che, secondo la teologia medievale, sono la mente di Dio, e quindi dell’uomo, potrebbero essere le zone concettuali della memoria divina e umana. Questo semplice ragionamento ha lo scopo di evidenziare come una teoria filosofica antica possa essere opportunamente “attualizzata”. Non è detto che un pensiero, perché lontano nel tempo e abbandonato, sia falso o non importante. E’ compito dei giovani e degli studiosi di filosofia rivitalizzare tutto l’immenso patrimonio filosofico della storia del pensiero (il “tesoro che potrebbe rivelare qualche sorpresa”, di cui ha parlato Popper). E’ un lavoro immenso, ma l’uomo ha il dovere di ripensare la metafisica. La filosofia è ricerca della verità, verità sapienziale e metafisica. Non si crede possa esserci un altro senso della parola “filosofia”. Se si legge un volume di una storia della filosofia, si osservano molti ragionamenti. Come possono essere “ragionamenti”, e mancare di evidenza ? Come può essere riportato, in un libro che si offre a scuola, un non-pensiero ? Anche le “fantasie” tipiche della metafisica sono dotate di ragionevolezza, perché il filosofo non è un poeta, egli ha cercato non fantasie, ma la struttura dell’essere reale, e se la mente umana riflette l’essere (dice Parmenide: “è la stessa cosa pensare ed essere”), allora essa ne possiede già dentro di sé la rappresentazione. Si tratta quindi di indagare dentro l’uomo. La verità sta dentro di lui.
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