considerazioni sulla concezione epistemica dell’astratto e del concreto e sul concetto di principio come sostanza
 [con considerazioni sull’idealismo e sull’attualismo]
 
1.] nella ricerca_epistemica l’astratto non è momento incompiuto, incompleto, inadeguato, superato e conservato dal concreto, ma è la “sostanza”, esistenzialmente primaria e auto_sufficiente, della realtà_necessaria e di tutta la realtà noumenica. ad essa segue l’Intero: il principio, che lo precede, permane nella sua purezza astratta e nella sua assoluta indipendenza dallo sviluppo successivo;
2.] nell’episteme il concreto è il fenomeno come rappresentazione, che appare “altro” da essa, perché il noumeno si fa rappresentare nel soggetto in modo che questo riconosca che ad essere rappresentato nel fenomeno è il noumeno come oggetto diverso dal soggetto: così il fenomeo appare come non manipolabile [nella rapresentazione passiva, di cui l’uomo ha esperienza solo con oggetti non manipolabili, ad esempio una galassia];
3.] si è accolto di definire il principio [che è l’archè] come sostanza [nel senso dell’interpretazione aristotelica dell’acqua di talete]. esistono nell’episteme due concetti di sostanza:
 
a.] come astratto, sostanza del principio e del noumeno [che è l’Intero considerato nella sua oggettività/paradossalmente, esiste anche il fenomeno come noumeno, infatti, se il noumeno si dà al soggetto come fenomeno, questo stesso è una realtà, e quindi questa, oggettiva, ha anch’essa un sostrato noumenico/il paradosso consiste che poi anche questo noumeno deve farsi fenomeno, e questo sarà noumenico, e così via all’infinito, colto dall’infinita estensione del soggetto divino];
b.] come concreto, sostanza nel senso di “sostrato materiale” [ad esempio: spirito, materia, energia, ecc.]/questo significato si accosta alla forma: ogni ente ha esistenza, forma e sostanza [esistenza nel significato a.]. 
 
4.] come sostanza noumenica, il principio si è detto essere astratto. esso è infatti la pura “esseità” [esistenza e necessità dell’esistenza]. come definire l’esistenza in quanto astratta ? non ci si è ancora riusciti: si sa che il noumeno [parallelo al fenomeno e sostanza oggettiva dell’Intero, non creato e ora anche creato] è così definibile:
 
a.] l’essere_è [l’esistenza_esiste];
b.] questo è/esistere dell’essere, è l’essere stesso [circolarità auto_fondatrice tra fondante e fondato];
c.] questo auto_esistere dell’esistere non è un “qualcosa” [sostanza come materialità, secondo la concezione b.] del punto 3.]], ma è definibile come una necessità_ad_esistere [ancor prima che all’apparire/apparire, che è sostanza come materialità: punto b.] di 3.]]:
 
c1.] non solo la necessità;
c2.] un esistere, che è un “esserci”, ma non di un soggetto [il “ci”], ma oggetto prima del soggetto, i quale ultimo è l’esserci in senso proprio [l’essere assolutamente oggettivo è scritto con la lettera “e” minuscola, ed esiste perché viene necessariamente all’esistenza/nell’episteme, l’Essere è dio, cioè l’Esserci divino];
c3.] il puro esistere, che si struttura, perché ha una conformazione auto_referenziale, e quindi [esemplificativamente] paradossale e contraddittoria/tutto ciò che plotino fa scaturare dall’Uno per sovrab_bondanza, più scientificamente l’episteme trae dall’esistere dell’esistere in base a tale sua paradossalità e contraddittorietà [teorica], priopria  del principio [= auto_esistere], la cui soluzione è l’Intero della realtà, con il suo sviluppo che è parallelo al dispiegamento del paradosso e dell’auto_contraddizione [anche insiemistici] dell’auto_fondamento [auto_esistere].
 
d.] non si è riusciti qui a dire che cos’è l’esistere dell’esistere, ma si è compreso che, come esso sembra inesprimibile [ma è dicibile e pensabile in parole e idee come “principio”, “esistenza”, “necessità_ad_esistere”/l’esserci in senso proprio è riferito al soggetto/dio e anche al soggetto/uomo, secondo heidegger], così è il noumeno, che è invece perfettamente conoscibile nel suo sviluppo formale [ipostatico] e sostanziale [spirito e materia], ma indicibile [pare] nella sua oggettiva essenza/esseità.
 
5.] il concreto è il sensibile: perché la materia tangibile e le stesse galassie [e dio, come tutto l’Intero] sono “astratto”, se appaiono “duri” e “pesanti” ? perché il concreto è
 
a.] il prodotto_conoscitivo
b.] tra il soggetto [dio e l’uomo]
c.] e la concentrazione dell’Intero in un punto [forse la fonte] [tale concentrazione esplode poi nel soggetto come rappresentazione spazio_temporale dell’Intero], per cui l’Intero è l’astratto immenso, che, concentrandosi in un punto di densità infinito, viene “esperito” [nell’estasi e nel piacere] come “duro” e “pesante”, cioè come concreto.
 
6.] da ciò seguono due considerazoni:
 
a.] dal punto 5.] è stata tratta una dimostrazione dell’esistenza di dio, perché allora la galassia è fenomeno a cui corrisponde l’equivalente di una sensitività, e poiché l’uomo è troppo piccolo per sprigionare un campo spirituale energetico equivalente alla pesantezza di una galassia [e dell’Intero], ne segue che a sprigionarlo, anche per l’uomo, è un soggetto altrattanto immenso [e sensitivamente “pesante”], cioè dio;
b.] quando l’idealismo fa creare al soggetto [Idea e Spirito] [l’uomo, l’esserci] il noumeno [che, attenzione, è tutto l’universo, inteso come “oggetto oggettivo”], superando kant, esso contraddice la suddetta dimostrazione: per hegel è l’uomo che sprigiona questo campo spirituale immenso [concependo la sostanza come materialità, cioè come durezza, anch’essa epistemicamente ed hegelianamente prodotta dal soggetto, come dice kant per la forma]: si tratta invece di riconoscere che l’uomo non può dimensionalmente farlo, e di riconodursi così, nell’ottica della realtà virtuale [per un prodotto creato liberamente e volontariamente, secondo gentile] e [per la rappresentazione passiva] nell’ottica delle distinzioni epistemiche tra i mondi divini [secondo aristotele, averroè/avicenna e secondo la fede biblica], a concepire dio come quell’Idea che soltanto [dimensionalmente] può produrre, come pensiero [gentile] tale campo/la “sostanza/materialità” del creato apparente [perché l’uomo è troppo piccolo]:
 
b1.] per questo e soltanto per questo si comprende che l’idealismo storico si presenta come una fantasia: se l’uomo fosse un io_penso capace di creare tutto l’universo, lo creerebbe come un paradiso e vi si porrebbe al centro/ma l’uomo è troppo piccolo per produrre l’universo col suo pensiero;
b2.] l’episteme recupera l’idealismo come teoria del soggetto;
b3.] fatta salva epistemicamente
 
b.3.1.] la distinzione realistica tra oggetto e soggetto [realismo epistemico]
b.3.2.] la concezione soggettiva [e idealistica] del fenomeno [kantismo epistemico] [idealismo epistemico]
b.3.3.] e la distinzione tra uomo e dio, …
 
… l’episteme nei suoi schemi analizza il rapporto tra oggetto e soggetto secondo gentile.
 
7.] l’idealismo si presenta all’uomo comune non come una scienza rigorosa ma come una “fantasia”, perché nell’ottica di hegel l’uomo è un tale pensiero da produrre l’universo, e poiché l’universo non appare manipolabile dall’uomo, il concetto di “idea” di hegel, essendo distinto dal dio della fede, appare una fantasia:
 
a.] esiste il pensiero che produce [anche] l’oggetto [per esistenzializzazione e creazione] [posto che l’oggetto è anche non creato dal soggetto e precedente il soggetto];
b.] ma questo pensiero non è evidentemente l’uomo, creatura dimensionalmente picciola, che, se davvero lo producesse, lo produrrebbe secondo i suoi desideri,
c.] bensì è il pensiero di dio, perché solo dio è soggetto dimensionalmente proporzionale all’universo, da lui creato [qui non c’è una nuova dimostrazione, ma si è riassunto il senso di numerose dimostrazioni].
 
un opportuno dimensionamento proporzionale degli oggetti della metafisica [oggetto e soggetto: quale soggetto e quale pensiero] consente alla metafisica di strutturarsi come scienza esatta, secondo il proprio concetto di scientificità, che precede e forma quello moderno.
 
8.] si precisa tuttavia [ora questa considerazione viene in mente] che hegel non ha forse “esagerato” le proporzioni/possibiltà dell’uomo: l’idealismo [ancora una volta guardando il mondo dal paradiso] avrebbero teorizzato inconsapevolmente non l’uomo terreno, ma l’anima_paradisiaca, la quale ha proporzioni immense, “adatte e capaci” a/di costituire il soggetto conoscitivo in senso hegeliano [e fichtiano: l’uomo come Io_infnito].
 
9.] più corretto, dal punto di vista dimensionale, è l’attualismo di gentile, in cui il soggetto/pensiero creatore non è l’uomo, ma è  l’Io_universale_assoluto [Io_trascendentale e Soggetto_trascendentale], ma, se non è l’uomo, non si comprende perché esso non venga semplicemente definito “dio”:
 
a.] la realtà creata è immanente a questo Io_infinito;
b.] poiché è pensiero, per l’episteme l’Io di gentile è senz’altro il verbo [= Intelletto], cioè cristo_episteme;
c.] si osserva che non l’Io_infinito di gentile è immanente ai suoi prodotti, ma il creato è immanente ad esso: infatti, come non riconoscere il creato, nella prospettiva di fede, immanente, cioè “interno”, al Creatore ?
d.] in precedenti schemi, si è detto che dio è auto_trascendente: per questo dio [l’Io_infnito di gentile] trascende, come intelletto, il creato, ad esso immanente: poiché dio trascende se stesso, così trascende il creato, a lui interno.
 
si osserva che le dimostrazioni sono apparse convincenti perchè definiscono dio come “soggetto” e “pensiero”:
 
a.] dio come dio appare dubbio;
b.] ma il soggetto e il pensiero non appaiono in dubbio;
c.] neppure essi, come necessari, appaiono in dubbio/ma, come necessari, essi sono già dio;
d.] gentile evita di definire l’Io_trascendentale, soggetto e pensiero universali e assoluti, come  il dio della fede;
e.] facendolo, l’episteme proprio riesce a convincere riguardo alle verità di fede [se infatti l’Io_infinito non è l’uomo, perché non chiamarlo dio ?]. poi si avrà il problema di distinguere il dio della fede dal dio di spinoza [lo si è fatto], ma intanto dio è guadagnato come ipotesi speculativa, grazie all’idealismo.