Il problema fondamentale della conoscenza: oggettività e soggettività del conoscere (elementi di gnoseologia epistemica) (p3)

Dopo Kant il problema della conoscenza è stato sostanzialmente frainteso: si è detto che poichè la conoscenza è soggettiva, essa è "limitata" (cioè "soggettiva" e quindi non oggettiva); l'episteme rileva invece che la conoscenza non è soggettiva "per difetto", ma è costitutivamente soggettiva (perchè solo il soggetto conosce). Applicando la rivoluzione epistemica (descritta più sotto), ovvero l'attribuzione a Dio (tra l'altro) della problematica conoscitiva umana, l'episteme ha posto i "limiti" della soggettività a Dio stesso, comprendendo che Dio può uscire da tali limiti proprio grazie alla sua struttura trinitaria. La struttura trinitaria non è accidentale in un soggetto conoscitivo, ma, poichè la conoscenza appartiene al soggetto, e questo in Dio è trinitario, la struttura trinitaria del soggetto è risultata essere la base essenziale per l'oggettività della sua conoscenza (il ruolo dello Spirito Santo nel processo conoscitivo divino non è stato compreso ed è in fase di definizione ...).
Il Padre non può conoscere se non soggettivamente (interiorità strutturale della conoscenza: idealismo), ma il Figlio è a un tempo "dentro" il Padre ed è "altro" dal Padre (cioè diverso da esso); quindi, la relazione che il Padre ha rispetto al Figlio è, a un tempo, soggettiva e oggettiva (realismo).
Il Figlio è inoltre l'apparato conoscitivo del Padre, per cui la problematica fondamentale della conoscenza (l'oggettività del conoscere) deve potersi risolvere dentro di lui: Egli infatti è soggettivo e oggettivo rispetto a se stesso, avendo due nature (quella umana precede la creazione e l'incarnazione storica).
Ciò significa che il Padre conosce l'oggetto esterno a Dio (l'esistenza e la sua struttura) nel Figlio interno a Dio, e infatti il Figlio è la realtà stessa, riprodotta dentro Dio nella forma soggettiva di Dio (principio della panteizzazione del Figlio, che poi sta all'origine dell'essenza dell'eucaristia: dottrina delle essenze) (il ruolo dello Spirito Santo è di sintesi tra il Padre e il Figlio).
Si aggiunge un ulteriore elemento a prova dell'oggettività del conoscere: l'uomo ha lo schema dell'esterno (oggettività: realismo) e dell'interno (soggettività: idealismo); poichè Dio è determinato dalla realtà (e così l'uomo, determinato da Dio non per invenzione ma per matrice della realtà, divina e umana), la realtà produce nei suoi schemi il rapporto tra esterno e interno: la realtà fa intuire a Dio, attraverso l'esperienza dell'oggetto apparente, l'oggettività di quest'ultimo (conosciuto però soggettivamente). Sappiamo così che l'esistenza dell'oggetto esterno è vera e oggettiva, ma Dio (e l'uomo) possono coglierne l'essenza ? Si considera a questo punto il problema conoscitivo classico in termini tradizionali. L'esperienza di un sasso. Esso è dato da: esistenza, forma (struttura atomica, ci si riferisce alla forma ipostatica) e sostanza. La sostanza è soggettiva (e l'esperienza fenomenologica del sasso è oggettiva in quanto include la costruzione del soggetto: anche l'esperienza soggettiva è conoscenza vera, relativa alle sensazioni del soggetto, che in Dio sono assolute), ed è legata al rapporto tra mente e fonte. La forma è oggettiva, perchè gli schemi della mente riproducono le forme della realtà, in quanto sono una sua riproduzione (la realtà determina la mente). L'esistenza è oggettiva (vedo il sasso e quindi, data la mia alterità rispetto al Figlio, che vi si identifica panteisticamente, esso esiste esternamente a me). Ora: Dio coglie l'esistenza in modo oggettivo, perchè la natura umana-carnale del Figlio si priva della sostanza: questo vuoto interiore riproduce l'astratto, essenza dell'esistenza pura, che è il principio).
Ciò posto, si capisce che i limiti della conoscenza umana e le sue condizioni sono tali per cui:

- l'uomo può conoscere perchè incorporato in un "campo divino";
- l'uomo è caduto (implicazioni strutturali), quindi l'uomo è parzialmente evirato (separato) da tale campo, dalla fonte e da Dio.

Quindi, i limiti della conoscenza umana non derivano dalla sua soggettività (elemento strutturale, cui si è data una spiegazione trinitaria), ma dalla caduta, cioè dalla separazione dalla seconda-Persona-trinitaria.