i limiti attuali della ricerca_epistemica: proposizioni a carattere protologico/il presupposto protonico
premessa
 
l’episteme distingue tra creato e realtà_necessaria. la maggior parte delle volte in cui l’episteme pensa la realtà, lo fa prescindendo dal creato, anche analizzando la realtà prima della creazione [o la realtà_necessaria che costituisce lo sfondo metafisico della creazione, e che è certamente il fondamento della creazione, ma non esiste in funzione della creazione, cioè non esiste per essere solo il fondamento della creazione]. in questa analisi si fa epochè del creato: esso viene messo tra parentesi, e non viene considerato. è come se non esistesse [si fa riferimento all’uomo solo convenzionalmente].
 
testo
 
1.] la protologia sa dimostrare che l’essere è necessario, e lo pone come oggetto. l’essere è l’oggetto. l’essere_è ed esiste, necessario, il suo sviluppo. la protologia, allo stato attuale della ricerca_epistemica, non sa inerire all’oggetto necessario un soggetto. questo, posto nella realtà_necessaria, e posto dalla realtà_necessaria, è soggetto_necessario, e quindi è dio per definizione, inteso come soggetto normale [normalmente esistente] per l’essere_necessario. quindi la protologia ragiona inizialmente in termini di soggetto e pensiero, senza citare “dio”: è presupposto, e solo dopo esplicitato, che questo soggetto e pensiero è dio.
2.] come inerire [riferire, collegare] necessariamente un pensiero all’essere, un soggetto all’oggetto ? finora lo si è potuto fare partendo dall’uomo [metodo “a posteriori”]. l’uomo non è un “foglio” slegato dalle strutture dell’essere_necessario. nella profondità invisibile del suo essere, l’uomo è esistenzialmente collegato [connesso] a quel principio che egli sa intuire, per cui l’uomo [fatta salva la libertà della creazione da parte di dio] è essere_necessario: ciò consente di inerire un soggetto [l’uomo] all’essere_necessario, scavalcando il creato, e quindi di scindere dall’uomo il pensiero, e rendere il pensiero totalmente necessario: dio.
3.] ma la protologia deve riuscire a inerire il soggetto all’essere_necessario anche prescindendo dall’uomo, cioè secondo il metodo “a priori”.
4.] sia dato un campo esistenziale come essere_necessario [oggetto]. dimostrare che il soggetto appartiene a questo campo necessariamente, non significa solo dimostrare l’esistenza di dio, ma significa poter avere la scienza dell’essere [oggetto e soggetto], perché la questione non è solo l’esistenza di dio, ma anche la possibilità del darsi di una scienza della necessità, che sappia che esiste necessariamente non solo l’oggetto, ma anche il soggetto, e in questa conoscenza essa anche dimostra l’esistenza di dio, soggetto e pensiero necessario.
5.] il pensiero sa intuire che devono esistere tanto l’oggetto quanto il soggetto. questo il pensiero [umano] lo sa metafisicamente. se si guarda l’universo apparente [creato], ciò non appare evidente: il pensiero nell’esperienza sta nell’uomo, che è la vita sulla terra, e l’inerenza della vita sulla terra all’universo non appare [e non è] necessaria. quel pensiero che sa che oggetto e soggetto stanno insieme è il pensiero metafisico, ovvero la protologia e l’ontologia epistemiche, perché l’oggetto e il soggetto stanno insieme necessariamente solo nella realtà_necessaria.
6.] in quanto si è detto sopra [punti 2.] e 5.] relativi all’uomo] non c’è contraddizione: l’uomo non è necessario al cosmo creato, ma la sua natura profonda è in qualche modo necessaria [ad esempio, perché necessario è il progetto_uomo e anche forse la matrice dell’uomo in dio, posta in dio dalla necessità], e così l’uomo può intuire che l’essere_è [la necessità dell’essere].
7.] come sapere/dimostrare che, posto l’oggetto [essere_necessario], è anche posto [da esso] il soggetto [pensiero_necessario, cioè dio] ? lo si può fare in due modi:
 
a.] [come è stato fatto] tentare di definire il soggetto/pensiero come “identità”: certamente l’essere, nella sua stratificazione, ha molte identità, e tra queste una è l’identità come pensiero [dio];
b.] si potrebbe dire [hegelianamente] [e ora lo si dice, in modo nuovo, e si accoglie questo contenuto come incremento della scienza proto_onto_teologica] che l’essere e il pensiero, l’oggetto e il soggetto, sono tesi e anti_tesi, in cui cristo è la sintesi, sintesi avente anch’essa due nature come tesi e anti_tesi ripetute in essa [verbo_tesi e carne_anti_tesi], per cui la persona di cristo sarebbe in senso proprio l’episteme, la verità fatta persona, ovvero la sintesi tra essere e pensiero e tra oggetto e soggetto [quindi: verbo come pensiero e soggetto; carne come essere e oggetto]. questa definizione di dio presenta due limiti:
 
b1.] è un poco “inestetica”: definisce infatti l’essenza di dio come una “anti_tesi”;
b2.] ancora una volta, nella semplicità dell’uso della dialettica hegeliana, in cui il padre è anti_tesi [come soggetto anti_tesi dell’oggetto, tesi, oggetto che è il puro esistere] e il figlio è sintesi, viene ad essere escluso lo spirito_santo, di cui l’episteme attualmente non ha una dottrina.
 
8.] questo è dunque il limite attuale della ricerca_epistemica: non si riesce a dimostrare [a priori, cioè senza l’uomo] che il soggetto_pensiero appartiene necessariamente all’oggetto_essere e al suo sviluppo. ciò non invalida le dimostrazioni, che fanno leva sull’uomo, che intuisce la necessità, per cui senz’altro il pensiero è necessario. ma l’episteme deve costituirsi come scienza della necessità anche prescindendo dall’uomo, essere_creaturale. l’episteme deve cioè conoscere dio come dio conosce se stesso: dio sa perché esiste [la ragione razionale della necessità del proprio essere/esistere] [e lo sa senza l’uomo].
9.] dal punto di vista intuitivo [come nella dimostrazione dim_157], il pensiero intuisce comunque positivamente [cioè veritativamente] la necessità delle forme di cui è costituita la realtà apparente [come l’uomo, il soggetto, il pensiero, la tecnica, il cosmo, ecc.]. la intuisce ma non riesce a dimostrarla. la intuisce perché questi concetti [i concetti_realtà] esistono, e l’esistenza_necessaria, fondamento esistenziale del creato, non può ammettere l’esistenza, come realtà, di entità [il creato] che non abbiano un equivalente [dal punto di vista formale e sostanziale, ma formalmente e sostanzialmente perfetto] nell’essere_necessario. altrimenti la realtà apparente sarebbe esistenzialmente “sconnessa”, e cesserebbe di esistere. è il problema platonico del rapporto tra copia e idea, e della partecipazione dell’essere all’Essere, di cui tratta la teologia scolastica, problema che si ripete nell’episteme, con la differenza che nell’episteme l’“idea” non è un modello statico, ma è la forma della realtà apparente stessa [cioè la forma del creato], esistenzialmente normale secondo la sostanza [l’essere_necessario] e necessaria in senso proprio [la forma perfetta dell’essere_necessario].
10.] quando si dice che dio ha davanti a sé [che lo precede] l’oggetto, viene posto quello che vigna chiama il “presupposto naturalistico”, cioè l’esistenza di un oggetto altro ed esterno dal/al soggetto, presupposto che il pensiero moderno [dice vigna] ha tolto, idealisticamente. l’episteme invece torna a considerare questo presupposto, applicato a dio, e lo definisce “presupposto protonico” [perché nell’episteme la natura è il cosmo/physis, mentre l’oggetto è il principio/archè e il suo sviluppo]. l’episteme è forma di realismo_assoluto, non nel senso di una concezione semplificata della conoscenza, secondo cui l’oggetto viene conosciuto perfettamente solo come esso appare realmente [la teoria epistemica della conoscenza è il kantismo applicato a dio: l’essere è il noumeno, filtrato dal verbo, reso fenomeno sempre nel verbo, e il noumeno precede dio, che lo conosce nella sua riproduzione “a posteriori”, dentro il figlio], ma nel senso che la realtà è intesa come distinzione tra oggetto [principio e essere_necessario] e soggetto [dio]/l’oggetto [con il soggetto] è la realtà, e l’oggetto non è il soggetto [che è anche oggetto], ed è conosciuto come oggetto altro dal soggetto [realismo conosciuto tramite l'idealismo]. per l’episteme il pensiero riesce a “saltare fuori della propria ombra” [severino], perché l’essere, che lo precede, si riproduce perfettamente al suo interno, e così il pensiero può conoscerlo, sia pure a posteriori. l’episteme è forma di realismo_assoluto, perché pone la realtà_necessaria anche come esterna a dio: essa è in quanto tale il fondamento stabile di dio, che lo pone esistente e lo pone come essere_perfetto e centro dell'esistenza.