considerazioni sulla dottrina epistemica del principio come causa dell'esistenza di dio
 
1.] la dottrina epistemica del principio [la causa dell'esistenza della realtà_necessaria e di dio posto al centro di essa] può suscitare una perplessità: essa pone la causa dell’esistenza di dio non in dio stesso, ma fuori di dio e a priori di dio [nel "principio" che, esterno e interno a dio, pone dio], quando da sempre la teologia e la religione insegnano che dio è l’essere assolutamente necessario, l’unico essere che trova la sua ragione d'essere/"di essere" [ragione di esistere] in se stesso.
2.] una intuizione del pensiero epistemico consiste nel fatto che, essendo l’uomo a immagine di dio, come l’uomo si chiede qual è la sua origine, così dio si chiede qual è la ragione della sua esistenza, e con ciò la sua origine [l'origine di dio, la causa/ragione della sua esistenza, sua spiegazione], e come l’uomo non dice “questa causa sta in me stesso”, ma dice “essa sta in altro da me” [in dio, afferma correttamente la fede], così dio non dice “questa causa sta in me stesso”, ma dice “essa sta in altro da me” [come afferma l'uomo], ovvero nel principio dell’essere/esso è l’esistenza intesa nella sua determinazione più pura e astratta [non concreta e materiale: l'archè, non la physis: nell'episteme, la physis_concreta è causata dall'archè_astratto]: la causa di dio, esterna a dio, non è quindi “un altro dio”, o un principio concreto e idolatrico, che l'uomo potrebbe/dovrebbe adorare in alternativa o in aggiunta a dio/l'errore della storia della filosofia è di identificare il necessario, che è eterno, ma non infinito, con successive determinazioni dell'essere, poste dal principio, come l'infinito e l'assoluto, quest'ultimo identificato dall'episteme solo con il divino: solo il divino nell'episteme è idolatrico [ad esempio come cristolatria]/il principio è semplicemente la pura necessità, la cui sostanza ontica [onto_protonica] è l’esistenza, cioè il puro esistere [che quindi è una spiegazione razionale, non religiosa, della realtà_necessaria: il "principio" è scritto con la lettera minuscola, solo dio è il Principio, co_principio di se stesso e Principio del creato]: il principio è l’essere assolutamente astratto [un punto e un piano].
3.] così, ad esempio, anche dio [come l'uomo] è determinato dall’evoluzione, ma in un senso [radicalmente] diverso da quello, ad esempio, attribuito al divenire, ponente dio, in hegel, o all’evoluzione, ponente il cosmo e l’uomo, in teilhard de chardin:

a.] in hegel, si ha il paradosso di una evoluzione di dio [si trascurano qui la distinzione, se esiste in hegel, tra dio e uomo e l'immanentizzazione] concepita temporalmente, quasi che esista un momento in cui dio è incompleto: all'inizio e durante il processo;
b.] la stessa cosa in teilhard de chardin, in cui cristo è quasi l'idea hegeliana.

queste due concezioni sono però ambigue, perchè oltre che paradossali sono anche vere, nella loro interpretazione epistemica: è rispetto al creato che dio è incompleto, è rispetto al processo della trasformazione e [tras_]mutazione [anche genetica] di dio con l'uomo [e con il creato] che dio parte incompleto all'inizio del processo.

4.] diverso è invece il concetto di evoluzione divina [di dio] nell'episteme. qui si prescinde dal creato e dall'uomo, e non si concepisce un tempo [mitico], in cui dio non esiste ed inizia a esistere e inizia ad evolvere. l'evoluzione di dio nell'episteme è divenire dell'eterno, dall'eterno e nell'eterno [principio sincro_causale]: il principio pone dio, ma non nel tempo, non in un tempo mitico, in cui si dovrebbe dire che esiste un tempo in cui dio ancora non esiste. dio esiste dall'eterno, ma è stato comunque causato, esiste eternamente, ma è stato comunque posto dal principio.
5.] il processo della creazione scopre, denuda, questa a_temporalizzazione della struttura processuale del divenire dell'eterno interna allo sviluppo del principio, e così accade che l'uomo può immaginativamente [in modo corretto] concepire la creazione nel tempo, essa creata rispetto a un tempo [nell'eterno] in cui non esisteva.
6.] come conciliare questa concezione del principio con la metafisica e la teologia tradizionali ? dio è stato definito come identità [entizzata nel/come pensiero] del principio con se stesso. dio è comunque posto dal principio, perchè questo deve porre l'esistenza stessa della relazione matematica dell'identità [paradossalmente: si deve cioè cercare di trarre, il più possibile, gli enti dal principio, perchè questo sia vero principio]. nel pensiero l'identità logica_matematica si entizza come identità psichica [io_sono]. poi dio è anche auto_principio: pone se stesso, perchè è anche identico al principio [tutto ciò che esiste è anche identico al principio]; e pone la trinità, insieme al principio. in quanto auto_principio, dio pone se stesso, e quindi è tradizionalmente causa di sè. ma per l'episteme la definizione tradizionale di dio ["
dio è l’essere assolutamente necessario, l’unico essere che trova la sua ragione dell’essere [ragione di esistere] in se stesso"] viene applicata a ogni ente necessario come a dio, anch'esso ente posto dal principio [come la tecnica] [tutti enti, definiti ipostasi, distinti da dio, perchè il divino non si identifica totalmente al necessario]. infatti la preoccupazione principale dell'episteme non è quella della teologia tradizionale [distinguere dio dalle cose che circondano l'uomo, che sono il creato], ma consiste nel porre dio in una realtà_necessaria anche distinta da dio, per [1.]] giustificare razionalmente l'esistenza di dio, [2.]] mostrare come il creato non si spiega senza dio, sua causa, proprio perchè la realtà mondana [necessaria], che trae origine da se stessa e non da dio [concepita dalla storia della filosofia], è distinta dal creato [realtà mondana creata, che è ciò che circonda l'uomo, e che, essendo creato, non deve essere idolatrato/nè deve esserlo quella realtà, perchè in essa solo dio è l'Assoluto, in quanto ente pensante, personale e gaudente, e perchè creatore e unico salvatore dell'uomo], infine [3.]] sottrarre all'uomo la presunzione di potersi sostituire al creatore, perchè ad esempio inventore delle cose [come la tecnica], in quanto ad esempio la tecnica non l'ha inventata l'uomo e neppure dio, essendo essa eterna, posta dal principio per dio, come essa deve esistere per gli uomini e non contro gli uomini.  
7.] come diverse [e più evolute] sono le preoccupazioni e le soluzioni date ad esse dell'episteme rispetto alla teologia tradizionale, così si spiega come esso possa proporre un principio euristico molto problematico e difficile da accogliere per la coscienza comune [alla ricerca di sempre nuovi sostituti idolatrici di dio], come un "principio" diverso da dio e ponente dio, ma non ponente il creato [tratto da dio dal principio].