Il concetto di Dio accolto nella ricerca-epistemica

Il concetto di Dio accolto nella ricerca-epistemica,

- da un lato, corrisponde soteriologicamente [in senso stretto] al “Dio della fede” di tipo cristiano-cattolico [con poche ma importanti “novità”, come il fatto che la natura umano-carnale di Cristo precede l’incarnazione e ha proporzioni immenso-infinite],
- dall’altro, differisce dalla rappresentazione tradizionale di questo Dio [in base alle implicazioni del principio logico-etico].

Questo concetto di Dio è però semplice, e nella sua esposizione apparirà razionale [cioè giustificato].
Il base alla distinzione tra i tre sistemi dell’episteme, al principio logico-etico e al principio di invarianza …

parentesi
principio di invarianza: solo uno tra i molti [infiniti] dei, della infinita scomposizione ubiquitaria di Dio del livello scomposto, ha creato [dio-Focale-sacrificale]; gli altri dei rimangono nell’inerzia [dallo studio-mentale e dal lavoro-corporeo]; il dio-Focale del secondo sistema produce nell’apocatastasi un’onda che investe all’infinito gli altri dei, coinvolgendoli nell’effetto-aggiuntivo della creazione [il dio-Focale è il nuovo-Dio-con-gli-uomini, “nuovo” perché “con” gli uomini]; quest’onda si propaga per infinito-potenziale, non per infinito-attuale [principio dell’isolamento del dio-Focale, che dovrebbe spiegare metafisicamente il termine retorico dell’“isolamento-della-terra”, concetto-tipico della filosofia di Severino]; quindi: durante la creazione e dopo la creazione:

- dio rimane quello che era prima della creazione [principio della perennità dell’invarianza di Dio rispetto al processo-creativo/-creatore];
- dio [anche] cambia [nel dio-Focale] [riforma del principio di non contraddizione];
- il cambiamento di Dio è trasmesso a se stesso, ma senza mai coinvolgere tutto Dio;
- la parte di Dio coinvolta nella propria trasformazione [nel dio-Focale e nell’effetto-onda della perturbazione-apocatastica] è sempre infinitesimale rispetto alla dimensione totale di Dio;
- l’invarianza di Dio rispetto al processo-creatore fonda:

- 1. l’etica umana [intesa come imitazione del dio-Focale-sacrificale-creatore, nello studio e nel lavoro];
- 2. il male;
- 3. la salvezza intesa come legame tra etica dell’imitazione e male [dottrina delle opere].

L’uomo che commette peccato è colui che non consente a Dio di rimanere invariante rispetto al processo-creativo [detto anche creatore, perché ad essere “creatore” non è Dio ma il processo creativo], e per questo Dio deve [tendenzialmente] escluderlo da se stesso.
chiusa parantesi

... [prosegue] il concetto di Dio accolto nella ricerca-epistemica è tale da definire Dio in questo modo [alcune ipotesi]:

- 1. soggetto primariamente a-morale e a-religioso, sia prima, che durante e dopo il processo-creatore;
- 2. soggetto [solo ed esclusivamente] egoisticamente affettivo/affettuoso [e erotico] [l’altruismo è una componente dell’egoismo, aperto trinitariamente: “mi preme e promuovo il tuo bene perché partecipo del tuo vantaggio”. Il fatto che Dio agisca per il bene anche di chi pecca e fa il male, è dovuto a due condizioni: la prima, è che Dio avrà comunque un vantaggio dal perdono; la seconda, è che Dio, essendo aperto sacrificalmente, accetta per se stesso, momentaneamente, una propria condizione auto-distruttiva/-annientante, ovvero accetta il ricatto d’amore dell’uomo, cioè il suo odio, per amore dell’uomo come di se stesso. Questa sopportazione ha dei limiti, la cui definizione, sia quantitativa che qualitativa, è attualmente sconosciuta];
- 3. soggetto momentaneamente/provvisoriamente [e secondariamente: anche il dio-Focale è condizionato dall’invarianza] morale e religioso [nel solo dio-Focale: secondo sistema];

parentesi
l’episteme definisce la religione come funzione-penitenziale [presupponente l’esigenza di salvezza: quindi in paradiso, non essendoci più bisogno di salvezza, non c’è religione], in cui anche l’adorazione e la contemplazione [elementi semi-erotici] hanno sfumature penitenziali. La religione è quindi “strumentale” alla salvezza, e si estingue cessata l’esistenza terrena [bisognosa di salvezza, e quindi di penitenza] (chiusa parentesi)

prosegue
- 4. Dio è subordinato al Bene, e identificato parzialmente ad esso nel processo-creatore [il Bene è qui sconosciuto: concetti secondari possono essere dati dall’utilitarismo: il Bene è il maggior vantaggio e interesse di Dio; il concetto di “Alleanza” è forma di contrattualismo];
- 5. Dio sta al di sopra per bene e del male [distinzione tra bene e Bene, o tra bene-minore e Bene-maggiore: esiste il “male”, non il “Male”, se non come capovolgimento del Bene, cioè come il Bene stesso, ma perseguito in modo sbagliato], e per questo può indurre Abramo, esortato a sacrificare la vita di Isacco, a trasgredire la legge e l’etica [che sono anche quelle divine] [esiste quindi la possibilità di un “crimine giusto”, ma quelli conosciuti dagli uomini nella storia, anche contemporanea, per il fatto di essere evocati da essi come “giusti”, non per questo lo possono essere realmente. Ad esempio: le crociate sono manifestazioni di nichilismo teologico di tipo politico-ecclesiale];
- 6. Dio svolge un ruolo limitato nella creazione. La creazione dal nulla è assoluta [il nulla è un nulla assoluto], ma Dio è soggetto ai seguenti limiti:

- dal punto di vista strutturale, Egli non inventa nulla in modo fantasioso [strutturalismo-epistemico] [Dio può aver inventato il “polmone”, ma non per volontà di fantasia, ma solo per rispondere ai vincoli della caduta. Non si esclude, ed anzi si avanza l’ipotesi secondo cui anche il polmone, il rene, il fegato, lo stomaco, ecc.  siano strutture dettate dalla necessità, per cui Dio non svolgerebbe neppure un ruolo di ingegneria genetica. Il contributo di Dio potrebbe limitarsi al solo sforzo-etico-energetico];
- Dio pone il suo sacrificio nella creazione, ma questa [creatio-ex-nihilo] è possibile non in virtù della sua onnipotenza, ma solo perché la necessità consente a Dio di creare dal nulla [l’interpretazione secondo cui Dio, creado dal nulla, manifesta onnipotenza, perché il nulla è opposto all’essere, e quindi per fare qualcosa di “quasi-impossibile” bisogna essere onnipotenti, appartiene al nichilismo: nichilismo teologico];
- l’azione di Dio nella storia non è misteriosa, ma prevedibile: l’episteme lo dice perché vede [a-posteriori] la ragione [cioè una scelta razionale e giustificata] dell’azione di Dio, ma l’episteme non riesce ancora a vedere le future scelte di Dio [nel breve periodo] [questa prevedibilità è quindi solo teorica];
- è stato detto nella storia della filosofia che Dio va oltre la logica. Ciò appartiene al nichilismo. La logica precede “formalmente” la stessa esistenza di Dio [logica-formnale] e, insieme alla “sostanza” dell’esistenza [logica-esistenziale, o protologia], la determina. Dio è totalmente razionale, e lo stesso sentimento è razionale [ragione = intelligenza + sentimento, per questo la ragione è romantica, cioè metaforicamente: ragione hegeliana = illuminismo kantiano + sentimento]. L’irrazionalità del sentimento in Dio è associata solo alla sua attività onirica [realtà-virtuale].

- 7. condizione necessaria [ma non sufficiente] per accedere al mistero speculativo di Dio è la vita/vincolo erotico-coniugale, per cui la vita religiosa [voluta e imposta necessariamente da Dio] esclude di necessità l’accesso alla comprensione di Dio [si accetta la possibilità di un’ipotesi contraria] [metaforicamente: “il Dio dell’episteme è il Dio dei laici”; ora, il laico non è religioso, il religioso è invece anche laico, e infatti – come è stato detto – il laico non è sottoposto al diritto canonico, mentre il religioso è sottoposto al diritto statale; tuttavia al religioso sono di necessità negate esperienze affettive e sessuali, che costituiscono chiavi non sostituibili di accesso al mistero di Dio. Chi abbraccia la vita religiosa sceglie di non conoscere Dio, cioè di precludersi l’accesso alla conoscenza “vero-concettuale” di Dio] [sembrerebbe che la questione teologica, non-religiosa, volga a favore dei laici, ma si deve fare un'importante precisazione: è vero che l'esperienza coniugale-sessuale consente l'accesso privilegiato alla conoscenza di Dio, ma nella vita terrena la conoscenza in generale, e la conoscenza di Dio in particolare, sono "proibite": solo nella storia Dio consente all'uomo di conoscerlo, con il primato della laicità; nella post-storia, invece, ovvero nel regno-di-Dio-in-terra precedente la seconda venuta di Cristo, la conoscenza di Dio torna ad essere "proibita", e così forse anche l'esperienza di vita coniugale che la rende possibile: primato della religiosità];
- 8. il Dio della tradizione è tale per cui sembrerebbe che Dio dica all’uomo: “se non fai la mia volontà sei dannato”. Ciò è epistemicamente corretto, ma solo a una condizione: quella volontà è in realtà il rispecchiamento della prima-condizione-etica, cioè il perseguimento-della-verità-su-se-stessi [dettata non da Dio ma dalla necessità, ovvero dal destino]. Per fare questa verità bisogna conoscere-se-stessi. Conoscere-se-stessi sembrerebbe il primo precetto etico, ma esso non lo è, o non sempre lo è, perché non si può accettare che l’etica sia subordinanta, nel conscio, alla vertità, altrimenti l’uomo potrebbe dire: “ho cercato ma non ho trovato, e poiché non ho trovato, posso fare quello che voglio”. Invece, ecco il senso della prima espressione: “se non fai la mia volontà sei dannato”: è Dio che comunica all’uomo la verità su di lui, che non è la volontà/verità di Dio sull’uomo, ma della necessità e del destino, una necessità e un destino che mette l’uomo alla “pari” con Dio [bene ha detto Platone che sia l’uomo che Dio vengono dall’Uno: l’errore di Platone è stato quello di non aver sottolineato che tale derivazione dell’uomo dall’Uno è – interamente - mediata da Dio, che il primo oggetto di contemplazione dell’uomo e di Dio è Dio stesso – l’uomo, per l’uomo, poi Dio -, e che quindi l’uomo non deve contemplare l’Uno “scavalcando” Dio, ma l’uomo deve adorare: prima l’uomo, cioè se stesso, poi Dio e infine l’Uno e le altre ipostasi. La teoria secondo cui l’adorazione di Dio da parte dell’uomo, per l’uomo, deve precedere l’adorazione di se stesso, è forma di alienazione, cioè di nichilismo] [la proposizione biblica secondo cui “chi ama se stesso si perde” deve essere intesa nel senso che l’amore per se stessi non deve essere di tipo peccaminoso, ad esempio: “aggredisco il mio prossimo per trarre un vantaggio”];
- 9. il concetto dello standard-vitale e della configurazione standard [la rappresentazione epistemica del paradiso]: