teoria epistemica dell’evoluzione
 
introduzione
il conflitto teorico e ideologico tra creazionismo e evoluzionismo sconta un errore del secondo, che è frutto del nichilismo-scientifico. La teoria dell’evoluzione di Darwin è soggetta a nichilismo, così come la concezione dell’evoluzione adottata dalla scienza contemporanea attuale, di derivazione darwiniana [per la quale anche la regressione è evoluzione, quest’ultima sempre concepita – anche inconsciamente - come positiva “proiezione in avanti”]. Questo errore non è di rilievo problematico, ma “grossolano”, relativamente al ruole del caos nell'evoluzione. Il nichilismo è un pensiero che procede per “conflitti” cognitivi [“corto-circuiti cognitivi”]. A sua volta, il creazionismo è nichilistico, scontando il nichilismo teologico dello schema tripartito, per quale non esistono realtà eterne se non identificate con Dio.
La teoria classica dell’evoluzione [pre-darwiniana] considera l’evoluzione come un moto che procede “positivamente”. Esso viene accolto nell'episteme. Darwin [per ragioni di tipo biografico: influenza dei fattori emotivi edipico-prometeici sulle concezioni teorico-cognitive della scienza/si pensa, qui, alla teoria della “morte” dell’universo – le cui varianti “calda” o “fredda” sono modi teorici di darsi dell’angoscia, e non solo analisi scientifiche -, la quale è l’espressione dell’angoscia per un anima, che lega il proprio destino al destino apocatastico della parte inferica del Creato] concepisce il “caso” come plasmatore di forme “positive” [ad esempio, gli organi e le loro funzioni, di tipo sia biologico-meccanicistiche – ad esempio, il funzionamento del cuore -, sia adattativo-teleologiche – ad esempio, la funzione del collo lungo delle giraffe -, derivano dal caos/caso], ma, sostiene la teoria epistemica delle forme e delle ipostasi, “dal caos/caso non può derivare l’ordine” [quarta dimostrazione epistemica dell'esistenza di Dio]: l’ordine discende dallo sviluppo logico-matematico-esistenziale del principio, il quale produce le ipostasi [tra cui il Caos], e il Caos assoggetta a sé sì la realtà, ma non tutta la realtà, bensì solo la [minima] realtà, che gli compete: se stesso, essendo posto al termine dello sviluppo del principio [altri termini finali sono: Dio, la fonte e la tecnica; il Caos è il luogo in cui si scaricano e si entetizzano le contraddizioni residue e non risolte del paradosso del principio], e non potendo quindi “caotizzare” la realtà, che lo precede [l’Intero]. Tutto ciò che precede il Caos è ordine [l'Intero], e il Caos, anche posto nel profondo dell’inconscio di Dio [una ubiquità del Verbo sta dentro il Caos, e così potrà plasmarlo come matrice del Creato, da esso “tratto”/semi-creazionismo epistemico, che si aggiunge al creazionismo puro della creatio ex nihilo], plasma, ad esempio, la fantasia e l’oniricità della mente di Dio [nelle porzioni divine mentali che loro competono: Dio - anche – sogna, ma evidentemente non dorme. Il sogno di Dio perlatro, sotto certe condizioni di campo, condiziona la mente umana: qui Dio è realmente “oppio” dei popoli]. Tutto ciò premesso, la concezione darwiniana della derivazione delle forme dal caos/caso è una “fantasia” [elementi di mitologia-scientifica, come gli extra-terrestri, altra fantasia “tipica”, per la quale Dio potrebbe aver creato essere intelligenti ma di forma a sé dissimile, ovvero “mostruosa”], cioè una forma di immaginazione-fantastica o fanta-scientifica [letteratura] considerata come “vera ipotesi scientifica” per ragioni di ateismo [anche inconscio] condiviso dall’intera comunità degli scienziati. Se a proporre il darwinismo è uno scienziato cattolico, si può parlare di ateismo inconscio. Da quanto precede si osserva che la “provocazione” ateistica dell’evoluzionismo darwiniano [corto-circuito cognitivo] consiste nel trasferire alla funzione caotica dell’evoluzione quel significato “positivo” che aveva caratterizzato l’evoluzione pre-darwiniana [positivismo evoluzionistico romantico, che l’episteme accoglie], e questo semplicemente perché l’evoluzionismo è una positività auto-concettuale:  così gli scienziati [appagando le necessarie inconsce esigenze metafisiche salvifiche] possono considerare tutto ciò che accade come “casuale” [quindi non derivato da Dio], ma non per questo negativo, sottointendendo che l’umanità [annullata l’ipotesi di Dio] non deve scoraggiarsi per il “caso” della sofferenza, perché il sostrato di tale sofferenza è comunque “positivo”, perché evolutivo e quindi tendenzialmente sempre positivo in futuro e, “se no”, “comunque sì” perché “l’importante” [data l’intrinseca positività dell’evoluzione”] è solo che l’evoluzione sia concepita. Il caso e la sofferenza non sono creduti [anche perché gli scienziati e la classe benestante stanno “bene”], servono solo per coprire [salvaguardare] l’ateismo [poichè ci sono la malattia e la povertà, Dio non esiste]. Giacchè il caso è ateistico: se l’uomo viene a caso, significa che il fatto che potrà andare in paradiso e contemplare Dio è “a caso” e quindi non è previsto da Dio. Dio non è Creatore, non ha voluto l’uomo, è irrilevante all’uomo, non esiste. Certo il caso riguarda solo il “corpo”, ma in questo modo si separa la “carne” dallo “spirito”, e poiché l’uomo moderno si è identificato [totalmente] con la prima, il destino del secondo “non interessa” [perché, nella necessaria ottica protestante inconscia dello scientismo, esso è senz’altro positivo: pre-destinazione calvinista]. Da tali concezioni si comprende l’intrinseca vicinanza della filosofia di Severino alla scienza moderna: entrambe svincolano l’al di qua dall’al di là, promettendo un vantaggio [che nell’evoluzione, essendo sempre positiva – se e anche quando è concepita come regressione - è inconscio: la regressione e la sofferenza – degli innocenti - servono solo per dire che Dio non esiste]; entrambe promettono un vantaggio [anche se inconscio] a tutti, sia come evoluzione futura, sia come Gioia e Gloria. Anche nell’ipotesi di una estinzione dell’umanità [per esaurimento energetico del Sole o per implosione della galassia e dell’universo], lo scienziato è ottimista: grazie all’evoluzione, “si potrà viaggiare nel cosmo e passare da un universo all’altro tramite i buchi neri o tramite “ponti” spazio-temporali tra cosmo e cosmo, naturali o artificiali”: tale ottimismo è fondato sull’intrinseca positività dell’evoluzione [casuale solo perché, se casuale, Dio non esiste], di cui sarebbe espressione la tecnica.
 
La teoria epistemica dell’evoluzione consiste nelle seguenti proposizioni:
 
1.] l’evoluzione è sempre positiva;
2.] la sofferenza è dovuta al caso, che può agire nel mondo creato perché derivato in parte proprio dal caos. Questo caos non appartiene all’evoluzione [che è sempre progressiva], ma la condiziona;
3.] l’evoluzione [a-temporale] nel mondo divino determina Dio stesso, quindi nel Creato [disteso sulla prima] non può che determinare l’uomo, a sua immagine;
4.] ma l’uomo deve adorare Dio e non l’evoluzione, perché l’evoluzione conduce all’uomo solo a una condizione: il Creato e l’uomo devono essere creati [dal nulla] per essere posti [come materia a-morfa] sull’evoluzione-non-creata, che fa convergere tale realtà-creata verso la forma umano-divina;
5.] ciò significa rendere autonoma l’evoluzione [come vogliono gli scienziati], la quale può quindi essere contemplata e adorata, ma se Dio non avesse creato la Creazione, di fatto l’evoluzione-in-creata non avrebbe sottoposto a se stessa nessun “materiale”. Quindi, deve essere adorato [e “ringraziato”] prima il Creatore, e poi le “strutture”, divine e creaturali.
 
Tale concezione dà quindi ragione:
 
1.] al creazionismo, perché contempla il teologismo della Creazione, non secondo la forma, ma secondo la sostanza [Dio non crea la forma, e in ogni caso l’ingegneria cosmica e genetica è finalisticamente prederminata];
2.] all’evoluzionismo, perché l’evoluzione è autonoma da Dio [perché indirizzata prima su Dio, poi sull’uomo].
 
Tale concezione anche confuta [in parte] il creazionismo e l’evoluzionismo:
 
1.] il primo, perché sottointende una forma di occasionalismo [esiste qui però anche una forma di occasionalismo-epistemico, cioè di concreto intervento di Dio, come nell'esatto e teleologicamente efficace posizionamento della Terra rispetto al Sole], ovvero di intervento continuo di Dio, che si sostituirebbe totalmente alle “virtù” dell’evoluzionismo naturale [accolto dall’episteme, se positivo, senza il caso];
2.] il secondo, perché nella concezione darwiniana il caso crea le forme. Il caso crea senz’altro, ad esempio, il colore dei pesci [se inteso come varietà-non-funzionalmente-necessaria], ma non, ad esempio, il fegato o il pancreas.
 
nota
la presenta analisi non è “apologetica”, ma epistemica, ovvero scientifica. Si è qui dato un esempio di decostruzione [decostruzionismo epistemico] e di confutazione.