proposizioni sul senso della vita

1.] l’episteme opera una codificazione del sapere. le ipotesi attuali cercano di operare una codificazione il più possibile vicina al senso [filosofico] comune.

2.] il piano del sapere va dal principio [l’esistenza semplice] a dio, passando per lo sviluppo, e da dio e dal principio, su cui dio ha agito per creare, all’uomo [creatura].
3.] per questo il sapere va dalla protologia [da “proton” = principio] all’esistenzialismo_epistemico, che è la dottrina del "cuore" del soggetto che è il senso, per dio e per l’uomo [l'identità è l'io_sono del soggetto, metaforicamente come hardware della persona, il senso è il software dell'identità, con cui essa "funziona"].
4.] quindi, l’episteme va dalla necessità al senso: senso della necessità, senso dell’esistenza_sostanza e dell’esistenza_vita [senso della vita = senso dell’esistenza], senso della vita.
5.] dio crea l’uomo liberamente. l’idea dell’uomo è eterna in dio. quindi l’uomo è in qualche modo anche eterno e necessario. ciò consente di poter dire che la creazione divina dell’uomo e del creato [del creato in funzione dell’uomo] è libera, e che contemporaneamente l’uomo è, in qualche modo, essere_necessario.
6.] uomo, essere_necessario, significa per l’episteme quanto segue:
 
a.] nella libertà e nell’atto creatore di dio, in quanto libero, c’è sempre un aspetto di contingenza: invece l’uomo, da questo punto di vista, non proviene dal caso/dalla contingenza/dal mero “capriccio” [utilizzo di termine retorico] di dio.
b.] c’è una certa necessità nell’uomo: essa è predominante rispetto al fatto che l’uomo è anche essere_contingente perché creato da un atto di libertà.
c.] l’uomo, idea eterna di dio, è tale come salvato, quindi questa idea eterna [non identificata ma associata alla pre_destinazione] è idea eterna di un essere_salvato, nella previsione delle libere opere di salvezza a cui viene chiamato/sollecitato da dio in terra, e che, adempiute [in modo libero], garantiscono la salvezza.
d.] l’uomo, idea eterna, non è tale [tesi nuova dell’analisi] come concepito in terra, ma prioritariamente in cielo, cioè dio ha [forse] l’idea eterna dell’uomo come sarà in cielo, quindi il passaggio in terra è strumentale [prevale infatti l’aspettativa in dio della stabilità, non di un assoggettamento del creato a un rischio della salvezza] [funzione stabilizzante della pre_destinazione].
 
7.] anche in quanto creato dalla libertà, si sottolinea che questo uomo/idea_eterna è essere_necessario come essere_salvo non a prescindere dalle opere, ma nella loro previsione, per cui …
 
a.] non vale l’obiezione che se l’uomo è essere_necessario allora non ha senso la "prova" della salvezza, perché …
b.] … l’uomo è essere_necessario anche come potenziale dannato, e se necessario come certamente salvato, tale solo nella previsione delle libere opere di salvezza, che saranno senz’altro compiute, ma realmente/efficacemente e nella reale libertà e volontà.
[c.] fondazione del vincolo etico: l'uomo è salvo solo nella libertà delle sue opere, perchè creato liberamente dall'opera di dio, che è la libera creazione.]

8.] nell’ambito della codificazione epistemica del sapere, …
 
a.] la protologia è la dottrina dell’esistenza [= essere] intesa come “mattone” dell’essere [= realtà];
b.] l’esistenzialismo è il cuore della dottrina del soggetto, come dottrina del senso della vita [anche detto: senso dell’esistenza/vita].
 
9.] a questo proposito vanno sottolineati due aspetti, di cui il primo rileva per una critica di heidegger e di severino, e il secondo per la valorizzazione e epistemizzazione di heidegger:
 
a.] aspetto_1 [associato al punto a.] di 8.]]: heidegger considera l’essere come quello che per il cristianesimo è l’essere creato, per cui heidegger non riesce a uscire dal mondo creato e dai suoi limiti. per l’episteme, invece, secondo l’analogia_epistemica, il linguaggio di cui dispone l’uomo è lo stesso linguaggio di dio con cui dio descrive la propria realtà [eterna e necessaria], e quindi è il linguaggio dell’eterno, senza limiti. quando l’episteme dice “essere” intende quel principio che sta a priori di dio e che pone dio, e usa l’essere per descrivere la realtà_necessaria, anche prescindendo dal creato, che quindi non può essere confuso con essa. la critica epistemica di severino deriva da tali presupposti: anche severino una il linguaggio come linguaggio dell’eterno, senza limiti, come fa l’episteme, ma il suo errore sta nell’oggetto a cui imputare questo linguaggio: l’episteme lo imputa alla realtà_necessaria [semplicemente codificando i termini con la parola “necessario”, “eterno”, “in_creato”, “non_creato”], severino lo imputa al creato, eternizzando e rendendo necessario il creato come se fosse il mondo necessario di dio. a questo proposito si riconosce, come sopra si è fatto, che anche il creato è necessario [e forse anche eterno, come si analizzerà in altro paragrafo specifico su severino], ma nel senso che si è detto: come idea eterna, e qui si dice subito che è possibile che tutto sia eterno, come vuole severino [e in ciò sta la sua confutazione], anche il creato, tutto eterno, ma in previsione delle opere, e fatta salva la struttura della realtà, come struttura_causa e struttura_libertà [sintesi di cristianesimo e neo_parmenidismo, con piena definizione della fede e confutazione del nichilismo del secondo, oltre che sua valorizzazione].
 
b.] aspetto_2 [associato al punto b.] di 8.]] [le considerazioni che seguono hanno giustificato la scrittura del presente paragrafo]: segue al punto 10.].
 
10.] inizialmente l’episteme non ha compreso l’espressione heideggeriana “senso dell’essere” [utilizzata da vigna e da severino]. infatti per la ricerca_epistemica l’essere era qui inteso come “mattone” della realtà, e la sostanza, essendo la necessità [per dio], non può avere un senso. si diceva che essa ha senso per l’uomo, se inteso come “mattone creato”, in cui il senso del mattone è la ragione della sua creazione. il percorso_speculativo è proseguito recuperando la pienezza di comprensione di tale espressione “senso dell’essere”, per cui si è giunti a porre heidegger come il filosofo centrale dell’episteme [centrale è nell'essere il soggetto_dio e ..._uomo, e centrale nel soggetto è il senso]. infatti:
 
a.] il principio è pura necessità.
b.] è questa necessità, che pone dio, una “cieca necessità” ? [utilizzo di termine retorico] [sospensione: riprende in f.]].
c.] il creato ha un senso, che è il senso dell’uomo.
d.] il senso/ragione del creato [qui ci si limita a identificare senso e ragione/causa del creato/della creazione dell’uomo] [qui creato è inteso come uomo, perché il creato è in funzione del soggetto] è legato al senso di dio per dio.
e.] anche per questo si è detto che l’uomo è essere_necessario: il principio pone dio necessariamente e dio pone l’uomo liberamente, ma [fatta salva l’inerenza funzionale dell’etica al senso/certamente il senso non si esaurisce nelle opere] il senso di dio per dio [il senso della vita per dio/che ha dio per se stesso] è origine dello stesso senso della vita per l’uomo.
f.] [ripresa da b.]] a questo punto, per sapere qual è il senso della vita per l’uomo, ci si è chiesti qual è il senso della vita per dio, e poiché dio è posto dal principio, che pone dio e il senso della vita per dio, ecco che l’espressione di heidegger viene spiegata, recuperata, capita e valorizzata: il senso dell’esistenza_vita è associato al senso dell’esistenza_sostanza, cioè al “senso dell’essere”.
 
11.] tutto ciò è presupposto alla dottrina del senso [esistenzialismo_epistemico], che è il cuore dell’episteme. le persone vagano nel mondo in assenza del senso. non si sa se esso può essere conosciuto in terra [dimensione_terrena], ma si è certi che … [e ciò pare essere sufficiente per stabilizzare la mente]:
 
a.] se dio esiste
b.] poiché dio esiste [poste le dimostrazioni e la fede]
c.] il senso esiste ed è accessibile [come dio] in paradiso,
d.] e poiché per accedere al paradiso occorrono le opere,
e.] perseguire le opere significa perseguire il senso per conoscerlo,
f.] e poiché il senso è parte della verità [la quale include anche la struttura della realtà], per accedere alla verità [in paradiso] occorrono le opere.
g.] si ritiene che il fine [la conoscenza del senso] sia legato al mezzo [cioè che il mezzo sia legato al fine e da esso tragga una sua caratteristica], mezzo che sono le opere.
h.] e così, non si può ottenere il senso in terra, ma si persegue e si ottiene comunque il senso in terra, realizzando le opere e il senso nelle opere [quasi creandolo o assimilandosi ad esso]: così si spiega perché molti uomini traggano il senso della vita dalle opere [ad esempio: “voglio essere avvocato”].
i.] questo senso è legato al fare, al potere, alla ricchezza, alla fede [“il senso di essere cristiani”], sono forme di senso positive, di tipo simulativo [simulazione del senso], e ciò è bene ma deve essere accompagnato/guidato da un senso [terreno] più alto [sempre inferiore a quello accessibile in paradiso], che è quello della realizzazione totale di sé, la quale non può prescindere da tutte le variabili della salvezza [costruzione del regno di dio in terra, servizio al prossimo e alla chiesa, essere buoni cittadini, conoscere il sapere, essere buoni cristiani/in definitiva essere santi].

12.] in precedenti paragrafi si è impostata la dottrina del senso nel modo seguente:
 
a.] la struttura del senso è che dio si completa ed evolve con l’uomo, e in particolare, necessariamente, solo con l’uomo etico, che è detto super_uomo, dove il super_uomo [con cui dio diventa super_dio] è detto “super” perché è l’uomo che aggiunge qualcosa in più rispetto a ciò che era appena creato/procreato, con le sue opere [uomo + opere = super_uomo = uomo_etico = santo].
b.] il contenuto del senso, che è stato identificato nella necessità: dio, determinato necessariamente dalla necessità, ha un senso [il senso della vita di dio, per dio/si parla della vita di dio, e del senso che, per dio, ha la sua vita] e questo è la necessità che lo ha costituito.
 
13.] ora sorge un problema: se il senso è la necessità, qual è il senso della necessità ? cioè è evidente che, perché la necessità abbia un senso, essa non può essere una “cieca” [= razionale come "fredda"] necessità [utilizzo di termini retorici].
 
14.] il problema [dell’identificazione del senso per dio, che è il senso per l’uomo] viene impostato in termini retorici nel modo seguente:
 
a.] dire che la necessità che pone dio è cieca/fredda razionalità = senso per dio, significa dire che nella sua natura più profonda dio è un “soggetto_matematico” [= freddezza dell’intelletto kantiano = illuminismo] [tale potrebbe essere lo spirito_santo], ma la razionalità_epistemica non pare sentirsi appagata da tale definizione di dio;
b.] essa appare sentirsi appagata piuttosto dal concetto secondo cui dio nella sua natura più profonda è un “soggetto_poeta” [= calore e emozione della ragione hegeliana = romanticismo].
 
15.] tale è attualmente lo stato delle ipotesi epistemiche riguardante la dottrina del senso della vita di dio, per dio, da cui deriva il senso della vita dell’uomo, per l’uomo, che è il senso dell'essere accessibile [forse] solo in paradiso.
16.] si può ipotizzare che in terra, derivando la salvezza [necessariamente] dalle opere [= azioni: mt 16, 27] [solo per chi può farle, che è un uomo capace di operare, di cui si incarna il libero arbitrio = volontà, libertà e coscienza, anche morale], il senso accessibile all'uomo sia necessariamente anche legato al "fare" [e così anche al fare che è la preghiera, allo studio, al fare del silenzio, al fare del non fare: fare come rinuncia al fare], o forse soltanto ad esso.
17.] al fare, perchè il fare [= opere] è la condizione [= salvezza] per accedere al senso [conoscitivo] in paradiso, essendo il paradiso il luogo [appropriato] della pienezza della conoscenza, di tutta la conoscenza, senza limiti [ora solo del bene], conoscenza non più proibita e incorporante il senso: ap 2, 17/il "vincitore" in questo passo biblico è l'uomo che è riuscito ad avere la salvezza, per aver fatto il suo dovere in terra, e così in paradiso egli accede al senso, che è il "nome nuovo" = la conoscenza della ragione per cui dio lo ha chiamato all'esistenza, ragione che per la ricerca_epistemica non è legata, necessariamente [si ritiene], [solo] al fare terreno, ma lo supera conoscitivamente: è essa una ragione speculativa, profonda, ora nascosta, sia generale [identica per tutti gli uomini salvati], e anche singola/individuale/personale.