ipotesi di teorie dell’omicidio, del diritto e dello stato, con implicazioni sulla teoria della pena capitale
[2/10/2008]
 
1.] creato esterno a dio e al paradiso, privo di salvezza, l’uomo è esposto all’inferno, ma non per questo esso esporrebbe con la violenza inconsciamente gli uomini all’inferno, perché, pur essendo privo di salvezza, l’uomo è potenzialmente salvabile.
2.] è stato detto che potrebbero esistere tre predestinazioni:
 
a.] una come simulazione della salvezza,
b.] una come simulazione della perdizione,
c.] una come predestinazione reale, ad esse superiore [conferma della salvezza o della perdizione].
 
l’uomo sarebbe inconsciamente portato a uccidere i suoi simili per separarsi dalla propria predestinazione alla perdizione, esponendo il suo prossimo alla sua predestinazione alla perdizione, con l’ucciderlo [uccidere è infatti condannare al nulla, quindi come all’inferno].
3.] scopo terreno dell’uomo è essere giudicato da dio, per essere da dio selezionato come adatto o non adatto al paradiso. è giudicato adatto al paradiso l’uomo che prova la “fatica” del vivere [con il sacrificio per la sopravvivenza][mt 25, 14-30].
4.] per questo è posto all’uomo da dio il divieto etico [e, dallo stato, legislativo] di uccidere il suo prossimo [gn 9, 5], perché con l’uccisione del suo prossimo, l’uomo sottrae il suo simile al giudizio di dio, cioè alla prova etica della vita_terrena. l’uomo, che muore, cessa di poter faticare/di essere in grado di faticare, cioè di potere essere messo alla prova etica.
5.] compito del diritto è di obbligare coercitivamente la società a predisporre le migliori condizioni che consentono all’uomo di faticare per sopravvivere [è questo il senso, ad esempio, dell’economia di mercato]. anche se si potesse tecnicamente sopravvivere senza faticare, l’uomo deve comunque eticamente faticare, per imitare il creatore.
6.] compito dello stato è di organizzare socialmente il lavoro e lo studio dell’uomo, perché l’uomo possa essere giudicato da dio in base al sacrificio del vivere.
7.] da qui deriva il divieto morale e legislativo della pena capitale [gn 4, 15], che sottrarrebbe l’uomo alla prova della fatica, cioè al giudizio di dio. l’essenza della pena capitale è la simulazione terrena del giudizio di condanna di dio, da dio espresso solo nel giudizio universale.
 
nota
 
la fatica è il criterio del giudizio divino sull’uomo, perché dio fatica [gn 2, 2-3], rispetto all’inerzia della necessità, per attuare la creazione del mondo e dell’uomo [essendo essi esistenzialmente autonomi rispetto alla necessità]. dice gesù: “il padre mio opera sempre, e anch’io opero, … poi viene la sera, quando nessuno può più operare”. esiste, quindi, un tempo ristretto nel quale l’uomo è messo alla prova, quello della vita_terrena.