considerazioni sull’articolo di severino “il nulla che unisce dio e darwin. disegno intelligente e evoluzione
sono entrambi figli del divenire e del caso ”,
apparso sul corriere della sera in data 4 ottobre 2008

[4/10/2008]
 
l’articolo di severino espone la ragione per cui severino dice che l’esistenza del divenire esclude l’esistenza di dio, ragione che è stata già definita in un sottoparagrafo del presente sito. si riporta l’articolo [fonte: www.corriere.it], cui segue di parte in parte un commento:
 
severino:Gli sviluppi della biologia hanno sottoposto la teoria dell'evoluzione a critiche profonde, ma ne tengono tuttora fermi i capisaldi: il carattere casuale della produzione del patrimonio genetico e la selezione naturale. In un passo molto noto de Il caso e la necessità, Jacques Monod scrive che «soltanto il caso è all'origine di ogni novità, di ogni creazione nella biosfera. Il caso puro, il solo caso, libertà assoluta ma cieca, alla radice del prodigioso edificio dell'evoluzione». Monod si rifà esplicitamente al concetto democriteo di caso: la biologia percepisce il proprio legame con la filosofia greca, ma di esso non coglie ancora la forza — che in quanto segue intendo richiamare. D'altra parte la biologia sfrutta oggi a fondo il concetto di «programma», desunto dalla teoria dell'informazione: nei cromosomi di un embrione esiste un «piano», un «programma» appunto. «La vita segue un programma», che è «l'insieme delle potenzialità incorporate nella sostanza dei geni» (Salvador Luria). E, anche qui, il concetto biologico di «programma» è strettamente legato a quello aristotelico di «potenza». Tale concetto aristotelico di «potenza» guida l'intera civiltà occidentale — quindi anche l'intero sviluppo del sapere scientifico. Non è una stranezza che Werner Heisenberg abbia affermato che le «onde di probabilità» che producono i fenomeni «possono essere interpretate come una formulazione quantitativa del concetto aristotelico di dýnamis, di possibilità, chiamato anche, più tardi, col nome latino di potentia». L'«onda di probabilità» ha però molto da insegnare al modo in cui la biologia intende il concetto di «programma». Ha da insegnare che la scienza deve lasciarsi alle spalle ogni «necessità» e che la biologia non può concepire il patrimonio genetico come qualcosa che, «uscito dall'ambito del puro caso entra in quello della necessità, delle più inesorabili determinazioni», come sostiene Monod”. commento: la tesi di severino esposta successivamente è che, presupponendo il divenire l’uscita dell’ente [cioè, qui, della forma biologica] dal nulla, questa uscita non può cadere nella necessità della forma, ma è guidata dal caso, e quindi è una uscita imprevedibile. ma, se è tale, questa uscita può essere infinitamente manipolabile, e quindi l’uomo [lo scienziato, il biologo molecolare, l’ingegnere genetico], con la tecnica [manipolazione genetica e ingegneria molecolare] può sperare di fare uscire dal nulla una forma voluta e sperata, come il cosiddetto “uomo nuovo”: il superuomo come uomo geneticamente manipolato. questo discorso severino lo riporta come lettura psicoanalitica della scienza, ed essa appare corretta: la scienza lascia davanti a sé il caso [con la probabilità], perché l’uomo non vuole privarsi dell’infinita possibilità consentita dal caso, in quanto se la forma emergente dal nulla cadesse nella necessità [se è una forma necessaria], allora essa potrebbe non essere manipolabile [rimanendo l’uomo mortale], e quindi la tecnica potrebbe non poter sperare più nell’infinita manipolazione della vita, e cioè nella possibilità di raggiungere la felicità e l’immortalità non in paradiso ma sulla terra [gli scienziati sono convinti che con la manipolazione del DNA sia possibile cambiare e migliorare l’uomo, essi non vedono alcuna necessità nel modo in cui il DNA dell’uomo è costituito]. si è già detto che l’“uomo nuovo” non può esistere, secondo le parole stesse di gesù [il quale dice: “non potete modificare il colore dei capelli … chi può aggiungere un’ora sola alla sua vita ?”], che cioè la vita [la forma biologica mortale] cade nella necessità. severino, nel testo [nei suoi scritti], esprime un concetto inesatto di divenire e di nulla, cioè un concetto “estensivo”, tale che il divenire e il nulla sono concepiti in modo da consentire all’uomo di sperare nell’imprevedibilità e quindi infinita potenziale manipolabilità del divenire, che, a causa del nulla, farebbe da esso uscire l’ente “a caso”. severino: «Caso» traduce la parola greca autòmaton che, alla lettera, significa «(ciò) che tende, si muove e si produce da sé». È la parola usata da Democrito — ma anche da Aristotele. Se si guarda ciò che sta attorno all'autòmaton, non si trova nulla che spieghi perché esso tenda, si muova, si produca. Cioè si trova il nulla. Muovendosi e producendosi «da sé stesso», si muove e si produce a partire dal proprio non essere. Ma quando la filosofia parla dell'«essere» e del «non essere» li pensa primariamente in relazione al divenire del mondo. Si tratta di comprendere che il caso non è una forma particolare e più o meno diffusa di divenire, ma che, dato il modo in cui l'Occidente intende il divenire, il divenire, in quanto tale, è caso: dunque è caso anche quando, come appunto avviene nella tradizione occidentale, si intende che il divenire sia guidato dalla Mente o dalla Provvidenza divina e creato da essa; ed è caso anche quando si presenta con quelle altissime forme di regolarità che sono state via via messe in luce dall'uomo comune e dalla scienza. Per Aristotele l'embrione è «in potenza» un uomo, ossia è il «programma» seguito dalla vita umana che si sviluppa. L'embrione diventa uomo, nel senso che realizza il proprio programma (il proprio Dna, dice oggi la genetica). Ma, prima dell'esistenza (cioè dell'«essere») dell'uomo, tale realizzazione non esisteva, cioè «non era», era nulla. E la biologia si esprime appunto, continuamente, con affermazioni come questa (di Jacob): che l'evoluzione ha prodotto «fenomeni che prima sulla terra non esistevano». commento: è palese l’errore del pensiero occidentale, così come correttamente interpretato da severino, cioè l’uso apposito, in senso retorico, di un concetto estensivo [del nulla e] di divenire, tale da identificarlo al caso. infatti, correttamente il divenire non si identifica al caso: ad esempio, nel processo produttivo di una azienda il divenire è un processo positivo, razionale e ordinato di trasformazione tecnica, posta sottocontrollo, esso presuppone il nulla, da cui viene il prodotto, ma non si identifica al caso; nella creazione divina, dio non crea a caso, ma servendosi del divenire produce il creato in modo ordinato. si sottolinea che le tesi di severino non conoscono il concetto epistemico di divenire come processo necessario e ordinato [sempre presupponente il nulla], processo che ha determinato anche dio secondo necessità e razionalità. severino, nella sua interpretazione del pensiero occidentale, “estende” il nulla, fino a coprire l’essere sotto cui avviene il divenire, e così rende casuale ogni processo. ma severino non offre la sua interpretazione del divenire, vuole pensare quella dell’occidente, e lo fa in modo giusto: per il pensiero cristiano tradizionale effettivamente dio avrebbe creato il mondo in modo non necessario, e così l’uomo stesso, che secondo questo pensiero sarebbe potuto essere stato creato in modo diverso, cioè è una forma “a caso”, e ciò contraddice la sacra_scrittura, per la quale l’uomo non è una forma “a caso”, ma è immagine di dio. per il pensiero cristiano tradizionale, che identifica dio e la necessità, entrambi indifferenziati, il divenire non è una struttura interna a dio, e quindi può essere una creatura di dio, creata a caso e agente a caso, come dice severino. secondo questo pensiero, infatti, dio creando esprime “fantasia” e “immaginazione creativa”. severino: Affermare che l'embrione è «in potenza» uomo significa dunque affermare che, nell'embrione, l'uomo realizzato non è, è nulla: si pensa, certamente, che esista già il programma di un certo individuo umano, ma non la realizzazione di tale individuo. Il programma, che è già esistente, è cioè unito al non essere (al nulla) della propria realizzazione. In relazione al programma, tale realizzazione non è casuale: il programma ne è la «spiegazione» e l'anticipazione. Ma in quanto la realizzazione è nulla quando ancora non esiste l'uomo realizzato, ne viene che questa sua nullità non può essere una «spiegazione» o un'anticipazione del futuro: è un nulla di spiegazione e di anticipazione. Ciò significa che, proprio perché si produce a partire dal proprio nulla, la realizzazione del programma è un «prodursi da sé», un autòmaton: è caso.” commento: severino esprime qui correttamente il pensiero occidentale, ma lo fa in modo da non esprimere una sua corretta concezione del divenire. egli, nello spiegare l’errore del pensiero occidentale, pare identificare la sua posizione con tale errore [posto che poi comunque se ne separa, negando l’esistenza del divenire, cioè di questo errore, con la concezione dell’eternità del tutto]. infatti severino, come detto, estende il concetto di nulla, fino a svalorizzare la necessità della forma del divenire, espressa dal “programma”. severino dimentica, e infatti ne tace, che l’ente, uscito dal nulla, è sotto il dominio dell’essere, e quindi il divenire è giudato dall’essere, cioè dall’ordine. sottoposto all’essere, l’ente che esiste non è più sottoposto al nulla, e quindi non può più essere sotto il caso, ma è sotto la necessità. severino: Non può quindi essere che aleatorio, casuale, il modo stesso in cui il programma guida l'evoluzione degli individui e delle specie. Se ancora si vuole parlare di «guida», il rapporto tra programma e sua realizzazione (o tra «genotipo » e «fenotipo») può avere soltanto un carattere «probabilistico» (come l'«onda di probabilità» di Heisenberg). Ma lo stesso accade nel rapporto tra il «Programma » divino e le sue creature, che, per quanto anticipate e spiegate dal «Programma», secondo la teologia cristiana sono da esso create ex nihilo sui et subiecti: «Dal loro esser (state) nulla e dalla nullità della materia ( subiecti) di cui son fatte». Nonostante abbiano alle spalle addirittura il Programma divino, le cose del mondo, in quanto create ex nihilo, sono caso, esistono casualmente. Il caso prevale sulla Provvidenza, che nella storia dell'Occidente intende, invece, essere spiegazione e anticipazione assoluta delle creature, mantenendo tuttavia, contraddittoriamente, la loro nullità originaria, ossia il loro essere originariamente un nulla che non può in alcun modo spiegare e anticipare la loro realizzazione. La stessa creazione divina del mondo è casuale, nonostante l'intenzione più ferma di vedere in essa la negazione più radicale della casualità”. commento: valgono le considerazoni più sopra riportate. severino pensa che le cose, che secondo lui, nell’interpretazione che egli dà della concezione del divenire secondo l’occidente, escono dal nulla, si trovino quindi già nel nulla, e quindi in un ambito senza legge, perché nel nulla non c’è niente, e cioè non c’è legge. ma poiché in esso non c’è niente, non ci sono neanche le cose che dovrebbero uscirvi. esse cominciano ad esistere solo nell’essere, e quindi in un ambito del divenire regolato da leggi: le leggi dell’essere che sono le leggi della necessità e del divenire. sono esse le leggi della necessità, nel senso che, dopo che dio crea dal nulla l’ente creato, secondo la sua libertà creatrice, l’ente creato non può esistere in un modo qualunque, ma deve esistere secondo le forme dell’essere e della necessità [con cui dio è identificato solo in parte, necessità a cui dio stesso è sottoposto], le quali sono le forme di dio e dell’uomo: forme dell’uomo, che è immortale in paradiso [creato immortale in eden e poi caduto], e che è necessariamente mortale nella dimensione terrena attuale, necessariamente non manipolabile tecnicamente. nell’essere, l’ente è soggetto al progetto, al programma, al disegno, per cui severino estende il concetto di nulla fino a coprire con esso tutto il divenire, l’essere e dio stesso. questa estensione non è scientifica, ma è retorica [letteraria e simbolica], e può per questo essere scientificamente arbitraria. essa è qui infatti un errore. severino: “Il creazionismo e le forme più intransigenti di evoluzionismo si trovano dunque sullo stesso piano: sono grandi variazioni dello stesso Tema, il Tema del divenire, inteso come evoluzione dalla potenza all'atto che la realizza, e pertanto come evoluzione dal non essere all'essere. Se si è capaci di scendere nel sottosuolo della filosofia (ossia dell'anima) del nostro tempo, si scorge il legame essenziale che unisce l'evoluzione (il divenire) e il caso. Il divenire è caso; e nessuna necessità può caratterizzare i programmi informatici, biologici, metafisici, teologici perché se essa esistesse spiegherebbe e anticiperebbe tutto il futuro e, quindi, lo dissolverebbe perché dissolverebbe il nulla di ciò che ancora non è: dissolverebbe il divenire e l'evolversi di cui tale necessità vorrebbe essere la spiegazione e l'anticipazione: dissolverebbe quel divenire che, per gli stessi amici dei programmi mondani o divini, è l'evidenza suprema”. commento: è qui esposto uno degli argomenti principali di severino, la ragione per cui l’esistenza del divenire comporta la negazione dell’esistenza di dio e della necessità [cioè degli immutabili], uno dei pensieri più importanti di severino. innanzitutto si osserva che la potenza non è attributo del nulla, ma sempre dell’essere, come l’atto: riguardo alla potenza aristotelica, l’essere detta, secondo necessità,
 
1.] le condizioni per cui qualcosa può divenire, venendo all’esistenza dal nulla [queste condizioni sono ad esempio: la libertà di dio, il suo potere creatore, la necessità di un sacrificio di dio per creare],
2.] e le condizioni per cui ciò che viene dal nulla deve necessariamente essere qualcosa di “compatibile” con la necessità [ad esempio, le forme necessarie del creato (simili alla realtà eterna) e la necessità, anche genetica, per l’uomo, dopo la caduta, di essere mortale e di rimanere mortale fino alla risurrezione dopo la morte, ovvero l’impossibilità genetica di creare l’“uomo nuovo”].
 
la necessità non nega il nulla e il divenire, che sono [tutto ciò: la necessità, il nulla e il divenire] caratteri strutturali dell’essere. severino li oppone retoricamente [attraverso un uso estensivo del loro significato] per poter negare l’esistenza di dio e della necessità. posta l’esistenza della necessità,
 
1.] il nulla e il divenire sono reali, effettivi, non negati dalla prescienza di dio.
2.] il divenire è processo dell’essere, razionale e ordinato, non casuale.
3.] il nulla non deve essere concetto “esteso” oltre il suo dominio: esso esaurisce il suo ruolo come “interfaccia” dell’essere, e svolge questo suo ruolo come possibilità di esistere secondo la sostanza [e esistenza], non secondo la forma, la quale, come possibilità, è unicamente pre_stabilita dalla necessità dell’essere.
 
è solo la volontà interpretativa retorica [letteraria] di severino che può opporre il divenire, identificato col caso, e la necessità. ma il nulla, il caso, il divenire, l’essere e la necessità non sono concetti tra loro opposti, bensì ciascuno ha la sua essenza, non contraddittoria e non opposta alle essenze degli altri concetti. la loro opposizione non è una determinazione scientifica, ma solo retorica, cioè letteraria e simbolica. severino:Quel sottosuolo scorge, pertanto, che l'evoluzione non può nemmeno avere uno scopo necessario. Proprio perché il nulla originario delle cose non spiega e non anticipa il loro futuro, e la loro realizzazione è «libertà assoluta», l'evoluzione è «cieca», non può avere alcuna direzione se non quella che di fatto, casualmente, si produce e che di fatto è osservabile. Qualora avesse uno scopo inevitabile, quest'ultimo sarebbe daccapo il programma che dissolve il nulla del futuro e il divenire del mondo. Se la «direzione» dei fenomeni biologici è un semplice fatto constatabile (e non una «necessità»: il divenire del mondo «non ha senso»), rimangono tuttavia gli scopi dell'uomo (il senso che egli dà alle cose): rimane la sua lotta per la sopravvivenza, che ripropone e prolunga, nella dimensione cosciente, la cosiddetta «selezione naturale», secondo un tipo di «evoluzione » in cui va di fatto prevalendo, sugli altri scopi della civiltà occidentale e planetaria, la volontà dell'apparato scientifico-tecnologico di incrementare all'infinito la capacità di realizzare scopi. Va dunque prevalendo la selezione artificiale che si propone di guidare — secondo le leggi statistico- probabilistiche della scienza — la stessa «selezione naturale». Per quanto paradossale possa apparire, la «teoria dell'evoluzione», e in generale del divenire, è il farsi massimamente coerente da parte della teoria della creazione divina del mondo; è la variazione più coerente al Tema del divenire. Ma è questo Tema a non venire mai e in alcun modo discusso nel suo significato più profondo. Esso porta ormai sulle proprie spalle l'intera storia della Terra. Non è già questo il motivo sufficiente perché finalmente ci si fermi, ci si volti e lo si guardi in faccia (e lo si scuota per vedere fino a che punto non si lascia sradicare)?” commento: nella storia dei concetti ci sono quindi tre posizioni:
 
1.] quella del dio creatore;
2.] quella dell’uomo che si sostituisce al dio creatore con la tecnica, posizione che è un errore;
3.] quella di severino che nega la logica della creazione, e anche questa posizione è un errore.
 
la prima comporta per l’uomo una imitazione di dio in senso etico. con la terza posizione, severiana, si nega il senso di questa negazione, accusandosi la prima concezione di aver prodotto la seconda concezione, la quale è immorale. severino vorrebbe cioè trarre la moralità della sua posizione dal fatto che la prima avrebbe prodotto l’immoralità della seconda.
scrive severino: “… l'evoluzione è «cieca», non può avere alcuna direzione se non quella che di fatto, casualmente, si produce e che di fatto è osservabile. qualora avesse uno scopo inevitabile, quest'ultimo sarebbe daccapo il programma che dissolve il nulla del futuro e il divenire del mondo”. questo severino può dirlo, senza aver mai citato l’essere nel suo articolo, se non in questa frase inessenziale al suo argomento: “Il creazionismo e le forme più intransigenti di evoluzionismo si trovano dunque sullo stesso piano: sono grandi variazioni dello stesso Tema, il Tema del divenire, inteso come evoluzione dalla potenza all'atto che la realizza, e pertanto come evoluzione dal non essere all'essere”. severino in questo articolo parla solo di divenire, di nulla e di caso, non dell’essere. l’esistenza della necessità, del fine, del progetto [disegno e programma] non annullano il nulla del futuro, ma sono manifestazioni del fatto che “sopra” [in posizione epi-stemica] tutti questi concetti [… nulla, divenire, caso, evoluzione, creazione, dio, necessità, fine …] sta l’essere, in cui l’ente, che proviene dal nulla, è posto: questo essere ha le sue leggi, e non ammette che possa esistere una “qualunque” esistenza, o forma o sostanza di esistenza. in questo senso, pur essendo “nulla” il futuro, le possibilità del futuro sono già date, non secondo l’esistenza, ma secondo le sue forme: il futuro è “nulla” secondo l’esistenza del futuro, ma è già “essere” secondo la forma. così, ad esempio:
 
1.] l’uomo non sa se sarà salvo [può saperlo con certezza se agisce eticamente], ma sa che le possibilità sono solo due: essere salvo o non essere salvo dopo la morte. non esiste la terza possibilità di essere salvi prima della morte e indipendentmente da dio, come vorrebbero la scienza e severino, che ne accoglie l’interpretazione del divenire.
2.] l’uomo attualmente non è ancora risorto, e quindi l’essere risorto dell’uomo [il suo futuro] è “nulla”: ma l’uomo sa con certezza che potrà risorgere solo nel mondo soprannaturale, e che la genetica non potrà consentirgli di essere immortale nella dimensione terrena. in questo senso, poiché queste possiblità [impossiblità] sono date dalla necessità, non esiste un futuro in cui esse potranno verificarsi, e quindi questo “essere” del futuro, l’essere di tale impossiblità, è già dato, ma il vero futuro [che sarà nelle sole possiblità soprannaturali, stabilite dalla necessità] è attualmente “nulla”: nulla attuale delle possiblità reali future, già date.