proposizioni sul rapporto tra filosofia e teologia
[23/08/2008]
 
1.] caratteristica della filosofia cristiana, a partire da sant’agostino nel medioevo, è la considerazione che esiste una sola realtà eterna e necessaria, la quale è dio. così, le idee eterne di platone, che in questo filosofo erano realtà necessaria “esterne” al dio-demiurgo e ad esso co-eterne, diventano le idee della mente di dio, interne a dio. così anche il magistero ecclesiale identifica dio e “cielo”, per cui non può esistere un cielo eterno, “altro” da dio. la filosofia cristiana diventa quindi una forma di idealismo: prima della creazione esiste solo il soggetto, che è dio, il quale nel magistero ecclesiale non è definito innanzitutto “pensiero” [secondo il “dio dei filosofi”], ma “amore”, e questo amore non è “eros”, ma “agape”, cioè carità e sacrificio. poiché la creazione ha costituito per dio un “sacrificio” [il suo “lavoro”, come si legge nel libro della genesi], e un “sacrificio” come quello di cristo per la salvezza dell’uomo, dio inteso come carità è quindi considerato solo in relazione al creato. questa identificazione del “tutto eterno e necessario”, della filosofia greca pagana, platonica e aristotelica [il “cielo”], con il dio-amore si accompagna a quattro caratteristiche fondamentali di dio, nell’interpretazione filosofica di dio data dalla filosofia scolastica e dal magistero ecclesiale:
 
a.] solo dio, causa di se stesso, è la realtà eterna, ed egli è la necessità, come unica realtà necessaria.
b.] questo dio è innanzitutto amore come agape, cioè carità.
c.] questo dio è puro spirito incorporeo [dio non ha un corpo].
d.] questo dio è [dice s. tommaso d’aquino] l’esistenza semplice, la pura esistenza [il “semplice”, dice il magistero ecclesiale].
 
2.] la teologia è considerata dal magistero ecclesiale come una comprensione razionale della rivelazione, che svela i caratteri di dio tramite la sacra_scruttura, caratteri che la filosofia cristiana cerca di comprendere razionamente attraverso le categorie della filosofia classica greca.
3.] la concezione di dio della filosofia scolastica, il cui idealismo non viene considerato, perché dio è considerato solo in relazione al creato, pone quindi una forma di “realismo”: dio, inteso come soggetto, crea il mondo, inteso come oggetto, e internamente al mondo l’uomo, inteso come soggetto. la filosofia cristiana lascia sospesa la questione se dio, nella sua potenza e quindi “fantasia” creatrice, possa aver creato l’uomo non in modo necessario, ma in modo tale che avrebbe potuto crearlo in altri modi diversi [negli aspetti dell’uomo dissimili da dio], anche se la sacra_scrittura dice che l’uomo è a immagine di dio. quindi, se l’uomo può essere creato nel solo modo tale, per cui l’uomo è a immagine di dio, il mondo non è però a immagine di dio o del “cielo” [identificato con dio], e quindi almeno il mondo non ha una forma necessaria, e dio avrebbe forse potuto crearlo in infiniti altri mondi diversi. 
4.] accade così, secondo questa impostazione, che la teologia, che pure si serve della filosofia per spiegare e comprendere razionalmente dio, sta “sopra” la filosofia, intesa solo come ontologia del creato: dio è l’essere semplice, la pura esistenza, che trasmette se stessa agli enti [le essenze, o idee della mente divina], come oggetti creati, per cui la filosofia diventa solo la dottrina dell’oggetto-mondo-creazione, creata da dio, che studia la partecipazione del mondo all’essere di dio, fonte della sua esistenza.
5.] i credenti, di fronte alla filosofia greca, moderna e contemporanea e alla scienza monderna e contemporanea, nel loro rapporto con la teologia, intesa solo come scienza della rivelazione, si trovano in questa condizione: le prime [la filosofia e la scienza] parlano di spirito assouto, pensiero, idee, mondo, evoluzione, materia, emanazione, tecnica, scienza, stato, uno, diade, numeri, infinito ed eterno, ecc.; la teologia, invece, considera tutti questi concetti come libere creazioni dell’intelligenza creatrice di dio [dio che non è distinto dall’eterno e dall’infinito], o fantasie concettuali dell’uomo, e offre ai cristiani l’immagine di un dio, che deve essere privo di differenziazioni interne [per la ragione che si spiega più oltre], cioè pura esistenza e solo amore, come carità. questa “sproporzione” tra la ricchezza della cultura filosofica e scientifica e la “povertà concettuale” della teologia cristiana, che non può offrire alcuna rappresentazione di dio, che identifica dio e cielo [cioè toglie senso al “cielo”, inteso solamente come immagine di dio], e riduce dio a esistenza semplice [ente privo di differenziazioni interne], e a puro amore come carità [dio non considerato indipendentemente dal creato], potrebbe essere una delle cause della frattura/scissione tra scienza e fede e tra cultura e fede.
6.] ma questa concezione magisteriale di dio è affermata, perché creduta necessaria, in quanto prudente. infatti, il magistero teme le conseguenze nella concezione di dio, se …
 
a.] dio non fosse il cielo, eterno e necessario, e questo fosse distinto da dio.
b.] dio non fosse esistenza semplice, ma organismo vitale e spirituale complesso.
c.] dio non fosse, nella sua essenza più profonda, amore come “carità”, ma vita [organica e spirituale], pensiero e amore come eros.
d.] dio avesse un corpo.
 
7.] queste potrebbero essere le conseguenze:
 
a.] la distinzione tra dio e il cielo eterno comporta che dio non ha posto il cielo eterno, e quindi può esistere una causa, che ha determinato l’esisenza del cielo eterno, ma come essa ha causato questa esistenza, così questa causa può aver determinato anche dio, il quale quindi non ha la causa di se stesso dentro se stesso, non è più causa di se stesso. inoltre il mondo creato entrerebbe in competizione con il mondo non creato, sua forma necessaria [l’uomo non potrebbe più essere considerato come co-creatore delle forme del mondo, essendo queste forme eterne e necessarie, come dio]. infine, l’uomo potrebbe adorare non solo dio, ma anche gli altri oggetti eterni e necessari.
b.] se dio è organismo complesso, allora esso in qualche modo potrebbe giustificare l’attuale società della complessità. inoltre la società complessa entrerebbe “in competizione” con il “cielo”.
c.] se dio è, innanzitutto, pensiero e amore come eros, allora dio potrebbe giustificare o “tentare” il peccato dell’uomo.
d.] se dio ha un corpo si verificano due implicazioni:
 
d1.] quella di tipo a.], perché, se dio è differenziato, non può essere la causa della propria differenziazione, e ci si potrebbe chiedere “perché dio è così e non in altro modo ?”, e la causa della differenziazione di dio potrebbe essere esterna a dio. per questo dio deve essere esistenza indifferenziata, pura e semplice esistenza senza rappresentazione, e quindi puro e semplice amore quasi senza immagine;
d2.] quella di tipo c.], perché il corpo è elemento erotico.
 
8.] ne risulta l’immagine di un “dio dei filosofi” e quindi pagano. per evitare ciò, il magistero deve dare l’immagine di dio come di un dio semplice, indifferenziato, sola realtà necessaria e eterna [il “cielo eterno”, come distinto da dio, non può esistere], che sia puro amore come carità, cioè sacrificio [dio considerato solo in relazione al mondo creato]. di qui la “povertà culturale” dell’immagine di questo dio, che viene presentato come pura esistenza-carità-indifferenziata. il nichilismo [nichilismo teologico] di tale concezione è evidenziato anche dalla concezione teologica tradizionale dello spirito santo [fatta propria anche da parte del magistero ecclesiale], che non è colomba [cioè un animale], ma viene presentato come acqua-persona, vento-persona, aria-persona, cioè come uno dei simboli del “religioso”, che diviene con ciò incomprensibilmente “persona”. se lo spirito santo fosse colomba, sarebbe differenziato, ma se è tale ci si potrebbe chiedere “perché è tale ?”, e la risposta rimanderebbe a una causa esterna a dio, plasmante dio [la domanda: “perché dio esiste ?” rimane così senza risposta, perchè questa risposta, che è l’unica base razionale per una dimostrazione dell’esistenza di dio, passa per una causa esterna a dio, cioè per un piano dell’essere, “sul quale” è collocato dio e la ragione della sua esistenza: il piano della necessità].
9.] in realtà, le implicazioni, di cui in elenco al punto 7.] possono essere evitate [i seguenti punti sono corrispondenti a quelli esposti nel punto 7.]], nel modo seguente:
 
a.] un principio di dio e del “cielo", esterno a dio, non nega necessariamente la determinazione di un dio caratterialmente “cristiano”, mentre l’adorazione è per definizione riservata a dio, anche se possono esistere altre realtà eterne, che non devono per questo [per il fatto di essere co-eterne a dio] essere adorate, come non sarà adorata al posto di dio la creazione una volta trasfigurata in paradiso e in esso resa eterna e perfetta.
b.] la complessità di dio non comporta la complessità della società, perché i caratteri di dio sono all’uomo attualmente “proibiti”.
c.] come il punto b.]: l’erotismo paradisiaco divino è “proibito” all’uomo nell’al di qua, come in eden.
d.] come il punto c.].
 
10.] la conseguenza del punto a.] di 9.] è che la teologia diventa anche una branca “scientifica” della filosofia, che usa la ragione, dettata non da dio ma dalla necessità [che non è dio], per definire correttamente e scientificamente [logicamente] i caratteri e le differenziazioni necessarie di dio, secondo una immagine di dio, che è comunque perfettamente fedele al magistero ecclesiale dal punto di vista etico. ma l’implicazione più fondamentale della distinzione tra dio e il suo principio, cioè tra dio e il “cielo”, è associata alla cristologia. secondo il magistero ecclesiale, cristo non è solo amore, ma anche il “logos creatore”. cristo è quindi l’intelletto divino, il logos, secondo quanto dice la filosofia cristiana medievale. distinguere dio dal principio significa che la ragione, divina e umana, non è creata da dio, ma dalla necessità, che non è dio, e la ragione e la necessità entrano in dio come struttura del verbo-cristo, ciò che pone la differenziazione trinitaria di dio. il verbo è la ragione, la cui natura è determinata dalla necessità.
11.] la distinzione tra dio e il principio, cioè tra dio e la necessità, non comporterebbe la concezione di un dio soggetto al “fato”, o destino: si sta dicendo che questo dio, determinato dalla necessità, che è l’esistenza semplice, non è il vago dio platonico o aristotelico, ma è il preciso dio cristiano, cioè un dio che, determinato da una causa esterna, è però da essa determinato come felice, onnipotente, onnisciente, e vero amore e vero eros e agape.
12.] dio non sarebbe innanzitutto agape, come carità, perché il sacrificio è solo in relazione al creato, ma dio non sarebbe neppure innanzittuto eros, cioè corporeità. potrebbe esistere una terza forma di amore, che può essere detta “amore”, il cui carattere è dato da un tessuto spirituale dell’io-divino di tipo trinitario-familiare: un amore connettivo, conservativo [e per questo aperto all'agape], organico, genitoriale, amicale e affettivo [e per questo aperto all’eros].