proposizioni sulla predestinazione: determinazioni sul concetto di super_uomo
[5/10/2008]

A.] nell’analisi del significato della predestinazione possono essere considerati i seguenti passi biblici: ... 1.] mt 25, 34: “venite, benedetti del padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo”. in questo passo è esposto il fondamento biblico della predestinazione.  2.] mt 25, 41: “via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli”. si osserva la struttura asimmetrica di questi due passi evangelici [punto 1.] e presente punto 2.]]: gesù evita di parlare di una predestinazione alla dannazione. questo non significa che essa non ci sia. la questione è problematica. il tacere di gesù vuole forse significare che l’uomo, per essere libero, non deve cercare [conoscere] la propria predestinazione, come fanno il protestantesimo e il calvinismo, che vedono nelle opere non la causa della salvezza, ma la sua manifestazione esteriore. questo divieto di conoscenza [il cercare conferme della propria predestinazione in “segni esteriori”] corrisponde al divieto edenico della conoscenza [gn 2, 17], la quale, a causa del rapporto, nell’uomo, tra male e prescienza umana [propria dell’uomo solo in paradiso], interferirebbe con il libero arbitrio dell’uomo. inoltre, trovare una conferma esteriore della salvezza significa essere certi di essa, ma allora l’uomo non deve più operare per essere salvo, e dio non è più libero di determinare la salvezza dell’uomo. [in realtà, anche con riguardo al passo mt 25, 41, si può parlare di predestinazione alla dannazione, secondo il senso delle parole di gesù che dice: "preparato".]
3.] rm 3, 28-31: “noi riteniamo infatti che l’uomo è giustificato per la fede, indipendentemente dalle opere della legge … togliamo dunque ogni valore alla legge mediante la fede ? nient’affatto, anzi confermiamo la legge”. è quella di san paolo una fede interiore [non esteriore], che non annulla la legge, cioè le opere di obbedienza a dio.
 
B.] seguono alcuni passi biblici che fanno dipendere la salvezza dalle opere: … 4.] mt 16, 27: “poiché il figlio dell’uomo verrà … e renderà a ciascuno secondo le sue azioni”. quindi la salvezza proviene dalla azioni, cioè dalle opere. 5.] mt 25, 21-26: “colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque … bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto … servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio danaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse”. a dio interessa il frutto del talento: è con esso che dio si complementa [mt 5, 13; mt 16, 26b], compensando la fatica del suo lavoro creatore [gn 2, 2-3]. dio raccoglie anche dove non ha seminato, spetta quindi anche all’uomo “seminare”, cioè cooperare con il creatore [ad esempio, generando la vita, generazione senza di cui dio non può procedere nella storia della salvezza]. 6.] mt 25, 26: 8.] mt 22, 11: “scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale ? ed egli ammutolì”. 7.] mt 7, 24-27: “chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia. chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, e la sua rovina fu grande”. questo significa che la salvezza dipende da un’azione, che è l'obbedienza a a dio, la quale consiste nella fatica del rispetto dei dieci comandamenti, del comandamento dell’amore [di dio, del prossimo e di se stessi], nel "portare la propria croce" [cioè la fatica del dovere]: “se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”. ad esempio, anche solo onorare il padre e la madre comporta fatica. 8.] 1 cor 13, 1-13: “… e se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova … [essa] tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta … queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità”. nelle prime due parti di questo passo [la prima e la seconda] sono opposte le opere esteriori [le sostanze, il corpo] e le opere interiori [la carità tutto sopporta]. per san paolo la salvezza viene, più che dalla fede, dalla carità [come detto nella terza parte], con la quale egli intende il sacrificio della volontà, che dio mette alla prova con l’obbedienza. questo sacrificio è l’esercizio della volontà nella fatica. questa fatica è l’azione intesa come l’opera che dà la salvezza: il sacrificio di sé. 9.] mt 25, 11: “più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: signore, signore, aprici ! ma egli rispose: in verità vi dico: non vi conosco”. con questa parabola gesù dice che c’è un tempo ristretto nel quale l’uomo può operare per guadagnarsi la salvezza. dice infatti: “poi viene la notte quando nessuno può più operare”. questa “notte” è il tempo in cui ogni uomo muore ed è il tempo dell’apocatastasi, che viene messo in relazione alla “casa”, di cui sopra [mt 7, 24-27]: prima [o dopo] l’apocatastasi [mt 7, 24-27] viene il giudizio universale, in cui [come già in purgatorio] l’uomo non può più operare per avere la salvezza. i “conti sono chiusi”, “i giochi sono fatti”: l'uomo ha per operare il tempo della vita, in cui deve fare il suo dovere. 10.] gv 15, 5-6: “chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano”. mt 3, 10: “ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco”. mt 13, 30: “… cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”. lc 23, 28-31: “figlie di gerusalemme, … se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco ?”. lc 13, 6-9: “un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. allora disse al vignaiolo: ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. taglialo. perché deve sfruttare il terreno ? ma quegli rispose: padrone, lascialo ancora quest’anno, finchè io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai”.

commento
 
1.] l’apparente spietatezza e crudezza di questi passi biblici [in cui il dannato è assimilato a un “legno secco” fatto per essere bruciato in eterno] fanno pensare a un freddo dio pagano, che, in base al criterio dell’amore cristiano, divide gli uomini in salvati e dannati. da questo punto vista, la questione della fede, che ha fatto da discrimine nelle dispute della riforma, appare secondaria: a dio non interessa la fede [esteriore] dell’uomo, a dio [come si evince da tutti i passi biblici riportati] interessa che l’uomo produca “frutto”, il quale è essenzialmente non l’azione esteriore [come l’elemosina], ma il sacrificio di sé [cioè la fatica del vivere, la fatica di chi fa ogni giorno il suo dovere nello studio e nel lavoro].
2.] incrociando il punto A.] [passi biblici sulla predestinazione] con i punti B.] [passi biblici sulle opere di salvezza], risulta che la predestinazione alla salvezza di dio è una predestinazione che prevede le opere di salvezza, le quali la giustificano a posteriori: dio predestina l’uomo alla salvezza prevedendo [con il suo piano di salvezza e la sua prescienza] [all’interno della predestinazione, a priori] che l’uomo, anche con l’aiuto della grazia, opererà il bene, giustificando così a posteriori la predestinazione alla salvezza.
3.] producendo un “frutto” l’uomo trasforma se stesso, aggiungendo all’uomo creato, l’uomo che crea se stesso. questo “di più” dell’uomo [uomo + frutto del sacrificio, che sono le opere di salvezza] è il super_uomo, concetto di cui qui si tenta una definizione scientifica [originaria]. si hanno così le seguenti equazioni etiche:
 
uomo + opere [frutto] = super_uomo;
dio + super_uomo [etico] = super_dio.
 
il super_dio è il dio che muta se stesso [nella parte infinitesimale di sè coinvolta nel processo creativo] tramite il super_uomo. questo super_uomo è l’uomo etico, che è il “santo” cristiano nella più quotidiana espressione del suo significato. ad esempio, il super_uomo è un ragazzo nel momento in cui prende i libri e li studia, diventando così uno “studente”: super_uomo = uomo + fatica [opere].